I tumori dello scheletro si distinguono in primitivi e metastatici. I tumori primitivi sono relativamente rari, originano da uno o più tipi di cellule del tessuto scheletrico (osso, cartilagine, tessuto emopoietico, ecc..). Si osservano prevalentemente nei soggetti maschi intorno ai 20 anni di età e colpiscono in genere la zona fertile delle metafisi. Si dividono in:
- tumori benigni: non danno metastasi, non recidivano dopo asportazione, hanno una crescita lenta, non sono invasivi e ha un basso livello di atipia
- tumori maligni: danno metastasi, recidivano dopo asportazione, hanno una crescita rapida e afinalistica, sono invasivi e infiltrativi e presentano un vario grado di atipia cellulare.
- tumori a “malignità locale”: tendono a recidivare dopo asportazione. Sono inquadrabili tra i tumori benigni ma presentano una tendenza alla trasformazione maligna.
La diagnosi si basa:
- età del paziente: infanzia ed adolescenza
- sintomatologia clinica: dolore, tumefazione di metafisi ed epifisi, eventuali fratture patologiche
- strumenti di imaging: radiografie standard, TC, RMN
- arteriografia: per valutare la vascolarizzazione intrinseca dell’affezione ed eventuali anomalie di decorso delle strutture vascolari.
Radiologicamente i principali segni di benignità sono:
• integrità della corticale
• delimitazione netta con orletto sclerotico
• assenza di scollamento e reazione periostale
• lento accrescimento.
I principali segni di malignità sono invece riassumibili in:
• interruzione della corticale
• delimitazione sfumata
• presenza di scollamento e reazione periostale
• accrescimento rapido
• scomparsa della normale architettura ossea
il trattamento consiste in genere in un’asportazione semplice con curettage ed eventuale borraggio di tessuto osseo autologo per i tumori benigni, e una asportazione massiva ( previa terapia radiante e chemioterapia) con eventuale sostituzione protesica per quelli maligni.

I PRINCIPALI TUMORI PRIMITIVI

Osteoma osteoide: è una neoformazione di tessuto osseo sclerotico ricoperta dal periostio di piccole dimensioni. Si sviluppa prevalentemente a livello della corticale delle ossa lunghe e della spongiosa subcondrale delle ossa corte e colpisce generalmente gli arti inferiori. È una neoplasia piuttosto frequente, ha un picco di incidenza intorno ai 5-25 anni ed è di carattere benigno.
anatomia patologica: si presenta come una zona di sclerosi ossea di forma fusata tra i 3 mm e i 10 cm con un nucleo di 3-10 mm (“nidus”) di tessuto granuloso e friabile di colorito rossastro. Il nidus è costituito da tessuto connettivale e trabecole osteoidi disordinate.
sintomatologia:
- tumefazione
- dolore sordo che peggiora di notte. Tale dolore recede con la somministrazione di acido acetilsalicilico (aspirina)
diagnosi: è puramente per via radiografica. Si rileva la presenza di una piccola zona di osteolisi a limiti netti (nidus), in sede tipica, circondata da un alone di sclerosi.
trattamento: prettamente chirurgico

Esostosi cartilaginea: è il più frequente tumore benigno dell’apparato muscolo scheletrico. È caratterizzato da una proliferazione ossea che si sviluppa sul versante diafisario della cartilagine metafisaria. Colpisce esclusivamente i soggetti con metafisi ancora fertili, quindi non ancora chiuse. La sede più interessata è la metafisi distale del femore.
anatomia patologica: si presenta come una protuberanza sessile o peduncolata, di dimensioni variabili, in continuità con lo scheletro. È rivestita da una coltre cartilaginea non aderente alle parti molle contigue.
sintomatologia:
- tumefazione
- dolore alla palpazione, può coesistere dolore ai movimenti passivi dell’articolazione per tensione muscolare
diagnosi: radiologica, si rileva la presenza di una estroflessione ossea ben delimitata in sede iuxtametafisaria.
prognosi: è generalmente buona ma vista la possibile trasformazione in condrosarcoma della porzione cartilaginea è indicata l’asportazione chirurgica. Va condotta inoltre un’indagine negli altri distretti per escludere la presenza di altre espostosi (forma a localizzazione multipla).

Condroma: è un tumore benigno cartilagineo abbastanza frequente. La sede più colpita è la cavità midollare diafisaria delle falangi metacarpali e metatarsali.
anatomia patologica: origina da isole eterotopiche di tessuto connettivo precartilagineo. Si presenta come una massa di tessuto biancastro, traslucido e poco vascolarizzato.
sintomatologia:
- dolore
- tumefazione
- eventuali fratture patologiche
diagnosi: radiologica, si riconoscono zone di osteolisi a limiti netti, centralmente o eccentricamente alla diafisi delle falangi, con corticale gonfia ed assottigliata.
trattamento: asportazione e borraggio (riempimento della cavità residua) con tessuto osseo autologo.

Tumore a Mieloplassi: è una neoplasia piuttosto frequente e generalmente benigno. Presenta vari gradi di malignità soprattutto a livello locale. Predilige il sesso maschile e ha un picco di incidenza tra i 20 e i 40 anni. Si sviluppa prevalentemente nelle epifisi del ginocchio e del polso.
anatomia patologica: si presenta come un tessuto molle di colore rosso scuro per l’accumulo di emosiderina secondario a ripetuti versamenti emorragici intraparenchimali ( tumore bruno). È delimitato da una cavità ossea che presenta rugosità e creste, ed appare anfrattuosa. Microscopicamente è caratterizzato da uno stroma connettivale fibroso con cellule fusiformi, cellule giganti polinucleate (fino a 100 per cellula) definite “cellule a Mieloplassi”
sintomatologia: spesso assente, si manifesta con modica dolenzia e tumefazione epifisaria.
diagnosi: radiologica, si osserva un’area osteolitica ben delimitata, con corticale integra me assottigliata e un aspetto plurilobato “a nido d’ape” dell’osso. Un’eventuale interruzione della corticale è indice di malignità.
prognosi: è generalmente buona per le forme benigne ma nel 10-20% dei casi va incontro a trasformazione maligna. La terapia è chirurgica.

Osteosarcoma: è il frequente tumore maligno dell’osso. Predilige il sesso maschile e ha un picco di incidenza intorno ai 10-30 anni di età. La sede di insorgenza più frequente è la metafisi delle ossa lunghe.
anatomia patologica: si manifesta con zone di consistenza ossea aumentata (variante osteoblastica) o con zone di rammollimento ad aspetto encefaloide (variante osteolitica). Istologicamente è costituito da cellule ad elevato grado di malignità.
sintomatologia:
- dolore intenso
- tumefazione
- cute calda
- reticolo venoso evidente
- all’esame ematologico si rileva un aumento degli indici di flogosi: VES, PCR, alfa-1 e alfa-2 globuline.
diagnosi: radiologica. La forma osteolitica è cartterizzata da distruzione della corticale attorno ad aree di osteolisi mentre la forma osteoblastica si presenta con sovvertimento dell’architettura ossea con corticale “a sole radiante”.
prognosi: infausta, si hanno metastasi precoci, soprattutto polmonari.
trattamento: terapia chirurgica, con chemioterapia e terapia radiante.

TUMORI METASTATICI
La localizzazione ossea è al terzo posto per frequenza e complicanze (le fratture per metastasi sono più numerose che nei tumori primitivi). Il 75% delle metastasi ossee provengono da neoplasie di:
- mammella 85%
- prostata 80%
- polmone 44%
- reni 30%.
Spesso la localizzazione ossea e i sintomi ad essa associati sono la prima manifestazione della malattia.
La lesione può essere di due tipi:
• blastica: reazione osteoblastica a stimolo biumorale con formazione di tessuto osseo stromale (oltre alla formazione di osso reattivo per risposta infiammatoria)
• litica: maggiore attività osteoclastica nella prima fase e sintesi di enzimi litici da parte delle cellule metastatiche nella seconda.
Le metastasi possono coinvolgere qualsiasi segmento scheletrico ma più frequentemente si manifesta a livello del femore, del rachide (sono associati sintomi midollari) e dell’omero.
sintomatologia:
- dolore del muscolo scheletrico: è sordo, continuo, persistente e si aggrava nel tempo. Non è responsivo alla sommininstrazione di FANS.
- Frattura spontanea in assenza di trauma
diagnosi:
- radiografia in due proiezione
- scintigrafia ossea al tecnezio 99
- esami ematochimici: VES, calcemia, fosfatemia, elettroforesi delle proteine ematiche e totali
- TC e RMN
trattamento: chemioterapia, radioterapia e terapia ortopedica. Quest’ultima può essere di due tipi:
- conservativa atta a ridurre ma non abolire la motilità della frattura → tutore esterno
- chirurgica per garantire la mobilità del paziente anche in assenza di guarigione biologica. Si associa a radioterapia, chemioterapia, ormonoterapia e acido zoledronico. Consiste nella stabilizzazione della lesione con protesi totali o parziali.