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sabato 26 novembre 2011


Morso di zecca

In caso di morso di zecca rimuovere il parassita (Ixodes scapularis) immediatamente utilizzando una pinzetta che deve essere avvicinata il più possibile alla cute e maneggiata con delicatezza in modo tale da riuscire a portare via anche la testa del parassita. Essa infatti è tenacemente adesa al paziente attraverso il rostro con lo scopo di suggere il sangue della vittima. La rimozione del parassita ha anche la finalità di evitare la trasmissione attraverso la saliva di Borrelia Burgdoferi, che veicola la malattia di Lyme (eritema migrante, mono-oligoartrite, manifestazioni neurologiche tra cui la paralisi di Bell e le manifestazioni cardiache quali BAV). La maggior parte degli studi presenti in letteratura consiglia, dopo la rimozione della zecca, la semplice osservazione clinica raccomandando al paziente di farsi visitare dal proprio medico curante nel caso di comparsa di eritema migrante. In un recente trial randomizzato l'utilizzo di doxiciclina in singola dose ha ridotto il rischio di comparsa dello stesso. Essa è indicata solo se sono contemporaneamente presenti le seguenti condizioni: morso di zecca da almeno 36 ore; inizio della profilassi entro 72 ore dalla rimozione del parassita; incidenza della malattia di Lyme nella regione di almeno il 20% a seguito di morso di zecca; paziente di età superiore a 8 anni in assenza di controindicazioni alla doxiciclina.

lunedì 21 novembre 2011


Rimozione di ami da pesca

Data la particolare conformazion dell'amo, per rimuoverlo è necessario agire con particolare cautela:
  1. Inoculare l'anestetico locale in corrispondenza della punta dell'amo
  2. Afferrare con un porta-aghi il corpo dell'amo ed esercitare un movimento di rotazione finchè la punta non fuoriesca dalla cute
  3. Tagliare la punta con il tronchese
  4. Estrarre in senso retrogrado l'ago privo di punta.

venerdì 18 novembre 2011


Tubercolosi

La tubercolosi è una malattia infettiva a decorso cronico causata da un micobatterio a localizzazione prevalentemente polmonare, ma capace di aggredire qualsiasi organo ed apparato.
L’agente eziologico è il Mycobacterium tuberculosis o bacillo di Koch.
Proprietà comune dei micobatteri è l’acido-alcol resistenza, sulla quale è basata la colorazione di Ziehl-Nielsen, che rappresenta quindi il metodo elettivo per la ricerca di questi bacilli nei materiali patologici.
Si presenta come un bacillo sottile, diritto e a volte leggermente incurvato, della lunghezza di 2-5 micrometri e della larghezza di 0,5-0,8 micrometri, non sporigeno, immobile, privo di capsula.
Ha una struttura complessa :
- proteine: responsabili delle reazioni di ipersensibilità ritardata
- lipidi
- polisaccaridi : fungono da antigeni e inducono la comparsa di anticorpi circolanti
E’ un bacillo assai resistente agli agenti fisici e chimici (si può considerare il più resistente tra i batteri patogeni non sporigeni insieme alle brucelle); sopravvive a lungo nell’ambiente esterno, all’essicamento (anche per molti mesi), specie se contenuto in materiale organico e al riparo dalla luce.
Resiste al calore secco a 100°C per 2 ore, a lungo alle soluzioni acide e alcaline.
E’ inattivato in poche ore dalla luce solare diretta, dal calore umido a 60°C per 30 minuti, in 4 ore dalla formalina al 3%.
M. bovis è l’agente eziologico della tubercolosi bovina; nell’uomo provoca l’infezione soprattutto per via alimentare con i prodotti provenienti da animali infetti (latte e derivati).
L’infezione primaria abitualmente avviene per via aerea ed i bacilli tubercolari si localizzano nei lobi polmonari, per lo più in corrispondenza della zona basale del lobo polmonare superiore o nella zona superiore del lobo inferiore o del lobo medio.
I bacilli sono fagocitati dai macrofagi alveolari e distrutti se sono in numero limitato; se i bacilli riescono a moltiplicarsi attivamente, sono i macrofagi a soccombere. A questo punto arrivano i monociti e i linfociti. I monociti si differenziano in macrofagi e fagocitano a loro volta i bacilli liberatisi dalle cellule precedentemente degenerate. I macrofagi carichi di bacilli, attraverso i vasi linfatici, raggiungono i linfonodi regionali (ilari, mediastinici e, a volte, sopraclaveari e retroperitoneali) coinvolgendoli nel processo infettivo. E’ possibile anche la ematogena.
Più spesso, però, la reazione immunitaria, che si sviluppa dopo 2-12 settimane (più comunemente dopo 3-8 settimane) dall’infezione, è in grado di estinguere il processo infettivo, la cui evenienza può essere rivelata solo dalla positività al test tubercolinico.
In certi casi l’infezione primaria lascia dei segni visibili radiograficamente, derivanti dalla trasformazione fibrosclerotica del focolaio polmonare e dalla sua successiva calcificazione, che, assieme ai linfonodi mediastinici calcificati, costituisce il complesso primario o di Ranke.
Negli adolescenti e negli adulti l’infezione primaria decorre abitualmente in modo asintomatico, senza lasciare alcun segno o lasciando i segni del complesso primario di Ranke.
Tuttavia, in circa il 5% delle persone apparentemente normali e nel 50% delle persone sieropositive per HIV si può avere la progressione verso forme di tubercolosi polmonare cronica, con infiltrato pneumonico ed evoluzione verso la caseosi, la fluidificazione e la diffusione broncogena della malattia oppure verso forme extrapolmonari per via ematogena (meningite, pleurite, forma miliare ematogena, reni, ossa, testicoli ecc.).
Nei bambini l’infezione primaria evolve in forma sintomatica tanto più spesso quanto minore è l’età.
Un linfonodo infettato può aprirsi all’interno di un bronco e disseminare la sua carica bacillare con massiccio interessamento polmonare.
La tubercolosi postprimaria si manifesta in genere nei giovani e negli adulti come conseguenza della riattivazione del focolaio primario (reinfezione endogena) in cui sono rimasti latenti dei bacilli vivi o in conseguenza di una superinfezione con una massiccia carica di bacilli penetrati per via inalatoria (reinfezione esogena). La localizzazione abituale del processo infiammatorio è nei polmoni, più spesso in zona subapicale posteriore. Il focolaio va poi incontro a necrosi caseosa con successiva colliquazione e svuotamento in un bronco del materiale caseoso ricco di bacilli.
A questo punto il malato diventa contagioso perché espelle nell’ambiente una gran quantità di bacilli con la tosse.
La tubercolosi postprimaria è particolarmente frequente nelle persone sieropositive per HIV.
L’infezione primaria provoca nell’organismo l’insorgenza di complessi meccanismi immunitari cellulo-mediati (macrofagi, linfociti T) rappresentati da:
- uno stato di resistenza specifica nei confronti del bacillo tubercolare che può persistere anche per tutta la vita
- uno stato di ipersensibilità di tipo ritardato (tipo 4) verso il bacillo tubercolare e i suoi prodotti rivelato con il test alla tubercolina eseguito con il PPD (Purified Protein Derivative, frazione proteica dei bacilli tubercolari altamente purificata).
Epidemiologia
La tubercolosi è una malattia diffusa in tutto il mondo, seppure con incidenze variabili nelle diverse aree. Secondo l’OMS almeno 8 milioni di persone ogni anno si ammalano (2 milioni circa sono bambini di età inferiore ai 5 anni) e circa 3 milioni muoiono di tubercolosi in tutto il mondo; oltre l’80% dei casi e dei decessi si verificano nei paesi in via di sviluppo.
In Italia: nel 2002 406 morti (per il 90% erano persone con età superiore a 65 anni), nel 2004 sono stati registrati 2.976 casi di tubercolosi
Fattori di rischio per l’infezione: sono la povertà ed il sovraffollamento; essi sono anche fattori di rischio per la progressione dall’infezione verso la malattia; deficit immunitari (bambini, anziani, HIV, farmaci immunosoppressori, chemioterapici antitumorali, neoplasie, diabete, IRC, malnutrizione).
Le sorgenti di infezione sono costituite da persone affette da tubercolosi polmonare cavitaria che espellono i bacilli con la tosse. La contagiosità cessa dopo alcune settimane dall’inizio del trattamento chemio-antibiotico (se il ceppo di bacillo tubercolare non è farmacoresistente).
La trasmissione avviene abitualmente attraverso la via aerea per mezzo di goccioline cariche di bacilli espulse con la tosse dal malato ed inalate da soggetti recettivi. Teoricamente l’infezione aerogena potrebbe avvenire anche con il tramite dell’ambiente, stante che i bacilli tubercolari vi persistono a lungo.
L’infezione con bacilli tubercolari bovini poteva avvenire in passato anche per via alimentare, ma il trattamento termico cui sono sottoposti il latte ed i latticini hanno praticamente escluso questa modalità di trasmissione.
La via di penetrazione attraverso la cute è irrilevante.
L’evoluzione dell’infezione primaria verso la malattia può manifestarsi da 1 a 6 mesi dopo il contagio.
Prevenzione
Gli interventi di prevenzione che danno i migliori risultati sono senza dubbio quelli sociali che agiscono sui fattori di rischio; aumento del reddito, salubrità dei luoghi di lavoro, assicurazioni sociali.
In Italia vi è l’obbligo di notificare tutti i casi di tubercolosi in fase contagiosa (polmonare ed extrapolmonare), al fine di individuare ed inattivare le sorgenti d’infezione, che sono costituite esclusivamente dai malati con forme aperte.
Le persone con tubercolosi polmonare in fase contagiosa devono essere isolate in ambiente ospedaliero fino a negativizzazione dell’esame dell’espettorato, il che si ottiene dopo 4-8 settimane dall’inizio del trattamento chemioterapico specifico.
Data la resistenza del M. tuberculosis, la disinfezione deve essere continua e riguardare essenzialmente l’espettorato e gli effetti personali del malato con particolare riguardo per i fazzoletti. Per la biancheria personale e del letto è sufficiente il lavaggio nelle comuni lavabiancheria. I vestiti, le stoviglie e gli oggetti personali non necessitano di disinfezione.
Per le mani è sufficiente l’accurato lavaggio con acqua e sapone.
L’aerazione dell’ambiente è sufficiente a rimuovere e diluire i bacilli tubercolari.
Tutte le volte che si diagnostica un caso di tubercolosi in fase contagiosa è necessario controllare i familiari ed i contatti per accertare, mediante il test alla tubercolina ed ogni altra indagine che si renda necessaria, se vi è stata trasmissione dell’infezione ad altri soggetti.
Le persone tubercolino-positive che non hanno lesioni polmonari aperte possono frequentare liberamente qualsiasi ambiente comunitario, a maggior ragione se in trattamento chemioprofilattico.
Tutte le volte che si osserva una positività alla tubercolina in un bambino o in un giovane occorre condurre una accurata inchiesta epidemiologica mediante l’effettuazione del test tubercolinico nei componenti della famiglia ed in tutti coloro con cui hanno una frequenza abituale, per scoprire la sorgente dell’infezione, che può trovarsi nell’ambito familiare o nell’ambiente sociale frequentato
Particolare attenzione deve essere rivolta ai sieropositivi per HIV, per la facilità con cui possono andare incontro alla malattia; non appena si accerta la loro condizione, occorre effettuare il test tubercolinico alla Mantoux
Chemioprofilassi antitubercolare
Scopi : ridurre il rischio di infezione e di malattia nei “contatti”, cioè nelle persone recentemente esposte al contagio da parte di un malato con cui hanno avuto contatti prolungati.
La somministrazione quotidiana di isoniazide ai “contatti” ancora negativi al test alla tubercolina è indicata per tre mesi; se però dopo i tre mesi di trattamento, ripetendo il test si osserva un risultato positivo, è necessario protrarre il trattamento per altri nove mesi. Nel caso in cui è accertato che i bacilli tubercolari del malato individuato come sorgente di infezione sono resistenti all’isoniazide, la chemioprofilassi va effettuata con rifampicina somministrata quotidianamente per sei mesi. Per impedire l’evoluzione dell’infezione primaria in malattia nei soggetti tubercolino-positivi, la somministrazione quotidiana di isoniazide per nove mesi è consigliata per tutte le persone tubercolino-positive quando non è possibile stabilire se l’infezione è recente.
La chemioprofilassi non è consigliata nelle persone tubercolino-positive di età superiore a 50 anni (o superiore a 35 anni, secondo alcuni), perché si presume che l’infezione sia di vecchia data e perché i rischi di epatotossicità da isoniazide sarebbero superiori ai rischi di evoluzione in malattia.
La chemioprofilassi è stata dimostrata utile anche per evitare la ripresa delle infezioni quiescenti nelle persone tubercolino-positive con lesioni fibrotiche al lobo polmonare superiore (isoniazide per 6 mesi o 12 mesi, polichemioterapia per 3 mesi).
Vaccinazione
In Italia i provvedimenti di ordine sociale e sanitario si sono dimostrati molto efficaci ed hanno avuto il merito di ridurre la frequenza dell’infezione, della morbosità e della mortalità a livelli non superiori a quelli dei paesi che hanno adottato la vaccinazione di massa.
Vaccino: l’unico vaccino attualmente disponibile è il B.C.G. (Bacillo di Calmette e Guerin), costituito da un ceppo di M. bovis vivo ed attenuato. Esso non protegge dall’infezione ma dalla malattia; ha una buona efficacia protettiva (80% circa) nei riguardi della tubercolosi disseminata e di altre forme gravi di tubercolosi, mentre è meno efficace (50% o meno) per la protezione dalla tubercolosi polmonare
Attualmente, la vaccinazione è obbligatoria nel nostro paese soltanto per:
- neonati e bambini di età inferiore a 5 anni con test tubercolinico negativo
- conviventi o aventi contatti stretti con persone affette da tubercolosi in fase contagiosa
- personale sanitario, studenti in medicina, allievi infermieri e chiunque, con test tubercolinico negativo, operi in ambienti sanitari o in ambienti ad alto rischio
Test alla tubercolina
Il test alla tubercolina serve ad accertare se una persona ha subito l’infezione tubercolare, anche in forma asintomatica; esso è finalizzato a individuare le persone in cui l’infezione latente può evolvere in malattia tubercolare.
Per l’esecuzione del test tubercolinico è raccomandata l’intradermoreazione alla Mantoux, mentre il tine-test, che è stato usato in passato per lo screening in tutti i bambini in età scolare, non è più raccomandato per il suo scarso valore predittivo ed il costo elevato.
L’intradermoreazione alla Mantoux deve essere eseguita:
- immediatamente nei bambini che hanno avuto contatti con persone ammalate di tubercolosi
- ogni anno nei bambini sieropositivi per HIV o conviventi con persone sieropositive per HIV
- ogni 2-3 anni in bambini che vengano frequentemente a contatto con persone sieropositive per HIV, con tossicodipendenti, con persone istituzionalizzate
- all’età di 4-6 anni ed all’età di 11-16 anni nei bambini immigrati da aree con elevata endemia tubercolare o che si rechino frequentemente in tali aree o che vengano frequentemente a contatto con persone provenienti da tali aree
- prima dell’inizio di una terapia immunosoppressiva
L’intradermoreazione alla Mantoux viene effettuata inoculando per via intradermica, sulla faccia volare dell’avambraccio, 0,1 ml di soluzione salina isotonica contenente 5 UT di PPD.
La lettura si effettua dopo 48-72 ore rilevando la comparsa di una zona di indurimento, il cui diametro va misurato trasversalmente rispetto all’asse maggiore dell’avambraccio.
Il test va considerato positivo se il diametro dell’infiltrato è :
- uguale o superiore a 5 mm in un bambino con segni radiologici o clinici di tubercolosi o in un bambino che è stato a stretto contatto con persone con infezione tubercolare, anche solo sospetta
- uguale o superiore a 10 mm in un bambino esposto ai fattori di rischio sopra elencati o in un bambino con immunodeficienza
- uguale o superiore a 15 mm in qualsiasi soggetto di età superiore a 4 anni
Ricerca del M. tuberculosis
La ricerca microscopica e colturale del M. Tuberculosis va eseguita in ogni caso sospetto di infezione tubercolare. Il materiale da esaminare può essere variamente rappresentato, a seconda della sede del processo tubercolare:
- espettorato nella tubercolosi polmonare
- liquor nella meningite tubercolare
- essudato pleurico nella pleurite tubercolare
- urine nella tubercolosi renale
- materiali vari
L’esame microscopico viene eseguito su preparati colorati con il metodo di Ziehl-Neelsen, elettivo per i bacilli acido-alcol-resistenti.
L’osservazione di elementi bastoncellari colorati in rosso non consente una identificazione di ceretezza, ma deve far porre la diagnosi generica di bacilli acido-alcol resistenti riferibili a micobatteri
La ricerca può essere effettuata anche dopo colorazione con auramina-rodamina ed esame con microscopio a fluorescenza
La ricerca colturale rappresenta l’indagine di scelta, in quanto consente sia l’identificazione dello stipite (M. tuberculosis, M.bovis, micobatteri non tubercolari), sia la successiva determinazione della sensibilità ai chemio-antibiotici.
Le colture in terreni solidi richiedono 20-30 o anche 40-45 giorni per dare positività; in caso contrario le colture devono essere mantenute a 37°C almeno fino a 60 giorni prima di dare un definitivo risultato negativo.
In terreni liquidi la positività si può avere dopo 2-6 settimane
Impiego di sonde di DNA consente di ottenere in due ore circa l’identificazione dei micobatteri.

mercoledì 16 novembre 2011


Ematoma subungueale

Nei traumi da schiacciamento dell'apice delle dita (ad esempio chiusura di una porta, una martellata,..), allorquando non si verifichi una onicectomia traumatica, è frequente la formazione di un piccolo ematoma tra la falange terminale e l'unghia, il quale, a causa della scarsa cedevolezza dei tessuti, esplica un'azione compressiva estremamente dolorosa sul letto ungueale. In questi casi la detensione dell'ematoma effettuata mediante trapanazione dell'unghia provoca immediato sollievo. La trapanazione dell'unghia viene effettuata con un grosso ago o, in mancanza, anche con una griffe metallica da carta, piegata e arroventata sulla fiamma. Con una leggera compressione della punta della griffe sull'unghia si provoca un foro dal quale defluisce il sangue. Attenzione: se la manovra viene effettuata correttamente senza esercitare un'eccessiva pressione è indolore e non necessita di anestesia locale. Non asportare mai l'unghia e inviare sempre il paziente in ospedale (non d'urgenza) per poter escludere radiologicamente una eventuale frattura della falange ungueale.

venerdì 11 novembre 2011


Traumi e distorsioni

In caso di traumi e distorsioni il primo provvedimento che va adottato è l'applicazione locale di ghiaccio. Attenzione a proteggere la cute con un panno, onde evitare lesioni da freddo. All'esame obiettivo bisogna valutare:
  • mobilità attiva e passiva
  • dolore spontaneo ed evocato
  • presenza di ematomi ed ecchimosi
L'applicazione di ghiaccio va protratta almeno 4-5 ore al giorno per due o tre giorni.
Se è presente ematoma applicare:
  • Eparan solfato (Aremil gel 1%)
Se non è presente ematoma di un certo sollievo l'applicazione di:
  • Ketoprofene (Fastum gel)
Qualora sia presente impotenza funzionale o il dolore perduri oltre 4-5 giorni è consigliabile l'esecuzione di una radiografia della parte colpita.

domenica 6 novembre 2011


Disturbi vaginali e vulvari

I sintomi sono generalmente riferiti a livello vulvare, ma le infezioni coinvolgono quasi sempre anche la vagina, che pertanto va sempre trattata. L'applicazione di farmaci esclusivamente a livello vulvare può determinare sollievo dai sintomi senza risolvere la patologia.
Le lavante acquose medicate possono interferire con l'acidità vaginale fisiologica e con la flora batterica residente.
Gli anestetici topici procurano solo una risuzione dei sintomi e possono determinare reazioni da ipersensibilità. Sono indicati solo in caso di prurito, quando siano state escluse cause specifiche locali.
Farmaci ad azione sistemica vanno somministrati per il trattamento di infezioni come la gonorrea e la sifilide.

Farmaci per l'atrofia vaginale

- Terapia ormonale sostitutiva topica:
L'applicazione di creme conteneti estrogeni può essere impiegata per brevi periodi per migliorare la qualità dell'epitelio vaginale in caso di vaginite atrofica menopausale. E' importante ricordare che gli estrogeni topici devono essere impiegati al dosaggio minimo efficace, per ridurre al minimo gli effetti sistemici. Sono attualmente disponibili ovuli vaginali a rilascio modificato e anelli vaginali medicati.
Il rischio di iperplasia dell'endometrio e di carcinoma aumenta quando gli estrogeni sono somministrati da soli per via sistemica per periodi prolungati. Non è dimostrato che la terapia estrogenica topica a lungo termine o ripetuta sia sicura per l'endometrio; la terapia dovrebbe essere aggiustata almeno una volta all'anno, ponendo particolare attenzione ai sintomi dell'iperplasia o del carcinoma dell'endometrio.
Gli estrogeni topici sono indicati anche prima della terapia chirurgica vaginale in donne in post menopausa con prolasso, in presenza di atrofia epiteliale.

- Preparazioni non ormonali
Alcune preparazioni vaginali lubrificanti a base acquosa a pH acido possono essere usate per trattare la secchezza vaginale.

martedì 1 novembre 2011


Dismenorrea

Con tale termine si indica il dolore che insorge in sede pelvica e lombo-sacrale durante la mestruazione, con talvolta associati disturbi di carattere generale. Vi sono due tipi di dismenorrea:
- dismenorrea primaria
- dismenorrea secondaria (a patologia pelvica)
Si impone quindi in ambedue i casi una visita specialistica da parte di un ginecologo.
Nella crisi acuta di dismenorrea primaria potete prescrivere:
- Dexketoprofene trometamolo (Enantyum)
- Acido meclofenamico (Lenidolor)
- Diclofenac sodico (Voltaren fiale).