IPERSENSIBILITA' III TIPO
Malattia da immunocomplessi
Le malattie da immunocomplessi le ritroviamo in molte situazioni, sia in malattie infettive dovute a infezione persistente e causate prevalentemente da Antigeni di derivazione batterica, sia nelle malattie autoimmuni. Quindi la persistenza di Antigeni propri e la produzione di Anticorpi diretti contro gli stessi possono formare immunocomplessi che vanno a far danni.
Nella maggior parte dei casi è colpito il rene per la sua funzione di filtrazione del sangue e dove i complessi antigene-anticorpo trovano condizioni adatte alla loro deposizione a livello dei glomeruli. Nel caso delle malattie autoimmuni oltre ad essere sede preferenziale il rene, spesso troviamo zone di deposito a livello delle articolazioni, dei vasi e di cute. La via di penetrazione intravenosa con alte dosi di Antigeni porta come sito preferenziale di deposito degli immunocomplessi le pareti dei vasi e quindi si genereranno situazioni infiammatorie chiamate vasculiti. Naturalmente potremo avere depositi a livello glomerulare con nefriti oppure negli spazi articolari con conseguente artrite. Un altra forma è la penetrazione dell'Antigene sottocute che andrà a scatenare la cosiddetta reazione di Arthus. Nel caso della via inalatoria il sito di deposito dell'immunocomplesso è l'interfaccia alveolo polmonare-capillare, in questo caso abbiamo una patologia nota come polmone del contadino: l'Antigene viene inalato in quanto presente come spore derivate da actinomiceti presenti nel fieno.

Cosa sono gli immunocomplessi? Smaltimento fisiologico
E’ l’insieme di antigene ed anticorpo, quindi tende a formarsi sempre durante una reazione immune, se l'Antigene è solubile. Quindi è un qualcosa di fisiologico. Quando è fisiologico, l'immunocomplesso tende ad essere eliminato facilmente grazie al contributo del complemento e dei fagociti residenti in siti appositi (milza e fegato). A seconda che si abbia eccesso di Antigene o di Anticorpo si possono avere squilibri nello smaltimento degli immunocomplessi..Gli immunocomplessi grossi possono essere facilmente rimossi a livello epatico in quanto possono legare i recettori per Fc presenti sui macrofagi e riescono a fissare agilmente il complemento, mentre se sono piccoli tendono a rimanere più a lungo in circolo e a dare problemi a livello vasale.
Il sito di deposito degli immunocomplessi dipende da 3 fattori:
1) localizzazione dell'Antigene a livello del tessuto
2) dal fatto che per esempio. a livello dei vasi la presenza di immunocomplessi con vari meccanismi può generare un aumento di permeabilità vasale
3) in certi punti del glomerulo ci sono fattori di pressione e turbolenza del sangue elevati che facilitano il blocco dell'immunocomplesso e la sua deposizione
Il complemento è importante per lo smaltimento. In certe malattie autoimmuni come il lupus, il paziente può sviluppare malattia proprio perchè ha un difetto genetico sul complemento. Il compito principale del complemento è di rompere gli immunocomplessi troppo grossi, solubilizzarli e facilitarne così il trasporto dopo legame ai globuli rossi che hanno recettore per il C3b (che è il CR1). Gli immunocomplessi legati al C3b vengono portati alla milza e al fegato dove possono essere eliminati.
Riepilogando gli immunocomplessi grossi vengono rotti e solubilizzati grazie al legame col complemento. I complessi ora più piccoli e legati a C3b possono legarsi ai globuli rossi grazie al CR1 recettore di questi ultimi. Il globulo rosso legando C3b-immunocomplesso arriva al fegato o alla milza dove viene facilmente eliminato
Gli immunocomplessi possono avere dimensioni e stechiometrie diverse. Nelle fasi precoci quando abbiamo pochi Anticorpi e c'è ancora molto Antigene, gli immunocomplessi sono ancora molto piccoli e non fissano il complemento: tendono a persistere quindi in circolo. Nella fase intermedia abbiamo equilibrio: antigeni e anticorpi tendono a compensarsi, gli immunocomplessi sono di struttura ottimale per fissare il complemento e quindi per essere eliminati dal circolo. Nelle fasi terminali i livelli di Antigene stanno diminuendo mentre gli Anticorpi sono ancora in quantità elevata. Quindi anche in questo caso gli immunocomplessi, che hanno dimensione intermedia rispetto ai precedenti, fissano il complemento e possono essere eliminati. Nel caso che siano prodotti Anticorpi con bassa affinità per l’Antigene oppure se l'Antigene di per sè dà una risposta debole, gli immunocomplessi sono più piccoli e diventa più difficile smaltirli e quindi tendono a depositarsi.

Aumento della permeabilità dei vasi e le vasculiti
Una delle sedi in cui è più facile il deposito sono i vasi con generazione di una vasculite. Gli immunocomplessi quando si ha un'infiammazione dei vasi tendono a dare stimolo sia sui basofili sia sulle piastrine alla liberazione di istamina e serotonina. Queste amine vasoattive provocano retrazione delle cellule endoteliali ed aumento della permeabilità vasale. Si innesca quindi, attraverso il deposito degli immunocomplessi, una reazione infiammatoria, naturalmente questo avviene in condizioni anomale in cui gli immunocomplessi non riescono ad essere efficientemente eliminati. La vasculite è una situazione di infiammazione della parete vasale in presenza di eccesso di Antigeni con immunocomplessi solubili e circolanti. Aumentando la permeabilità non c'è solo edema, ma anche una maggior facilità per gli immunocomplessi a depositarsi sulla parete del vaso. Qui stimolano il complemento e vengono prodotti C3a e C5a. Questi fattori attivano i basofili che rilasciano le amine vasoattive. Questa stimolazione abbiamo detto vale anche per le piastrine. Questo deposito di immunocomplessi nella parete induce anche aggregazione piastrinica che tende a formare microtrombi a livello del collAntigeneene che a questo punto è più esposto perchè c'è stata la retrazione dell'endotelio. Successivamente prodotti del complemento come C3a e C5a richiamano per chemiotassi neutrofili circolanti. Essi vengono attratti proprio dove c'è il deposito e tendono ad attaccare l’Fc delle IgG dell'immunocomplesso, ma dato che l’immunocomplesso è intrappolato sulla parete del vaso anche per la presenza dei microtrombi, i neutrofili si attivano per fAntigeneocitarli ma non riuscendoci rilasciano i loro enzimi litici, aggravando lo stato infiammatorio.

Reazione di Arthus
Una reazione di deposito di immunocomplessi può essere osservata in maniera localizzata a livello cutaneo; lo studio della reazione di Arthus e dei suoi stadi sono stati studiati nell'animale immunizzato con un dato Antigene per fargli produrre molti Anticorpi. Per analizzare la reazione localizzata sulla cute, si prende l'Antigene nell'animale iperimmune che ha in circolo un eccesso di Anticorpi e si inocula di nuovo l’Antigene a livello della cute. L'inoculo determina passaggio dai vasi di Anticorpi prodotti in grande quantità: in questa sede l'incontro Antigene-Anticorpi determina formazione di immunocomplessi. Il meccanismo poi è simile a quello della vasculite ma è localizzato nella zona sottocute. In questo caso la presenza degli immunocomplessi oltre a stimolare il complemento e ad attrarre i neutrofili ha anche un effetto diretto sui vasi determinando aumento della permeabilità e aggregazione piastrinica. A livello cutaneo ci sono molte mastcellule, l'attività quindi sarà più verso i mastociti che a carico dei macrofagi. Può esserci anche emorragia cutanea perchè c'è un passaggio dai vasi al tessuto di globuli rossi. La reazione ha un picco dopo circa 4-10 ore, mentre dopo 48 ore tende a scomparire perchè gli immunocomplessi sono gradatamente smaltiti.
Per avere lo sviluppo di reazione di Arthus più che il complemento sembra importante la presenza di cellule dotate di recettore per Fc delle IgG. Nel topo con deficit del complemento, possiamo ugualmente indurre la reazione di A., ma non si riesce in caso di difetti dell'espressione dei recettori per Fc delle IgG. Importanti quindi sono monociti-macrofagi e granulociti neutrofili.
Nell'uomo quando si ha la reazione, questa tende a localizzarsi sia a livello cutaneo sia intorno alle pareti dei vasi. Possiamo avere necrosi tissutale che tende a sparire in un giorno.
Una forma localizzata molto simile è l'inalatoria o polmone del contadino. Gli immunocomplessi si depositano a livello dell'alveolo polmonare provocando infiammazione, fibrosi e alla lunga portano a difficoltà respiratoria. Gli Anticorpi sono contro Antigeni derivati dagli Actinomiceti le cui spore sono frequenti nel fieno.

Malattia da siero
Per fare un esempio di malattia da immunocomplessi di tipo sistemico, possiamo considerare la malattia da siero , dovuta alla produzione di Anticorpi contro proteine eterologhe. Oggi è rara. Un tempo era frequente perchè insorgeva in soggetti che ricevevano siero di animale (eterologo) per essere protetti contro tetano. Un tempo si immunizzavano ad es. i cavalli con l'Antigene, si producevano sieri eterologhi che venivano somministrati per la terapia di tetano o difterite. Non si davano Ig purificate ma si dava tutto il siero che conteneva altre proteine, verso le quali il paziente produceva anticorpi. La produzione di Anticorpi generava grandi quantità di immunocomplessi. La reazione si sviluppa in presenza di un eccesso di Antigene. Gli immunocomplessi sono piccoli e persistono in circolo con sintomi quali brividi, febbre e si può avere eruzione cutanea, artiti, vasculiti. Tutti i distretti tipici degli immunocomplessi sono coinvolti in questa reazione. Oggi la causa classica non c'è più naturalmente, ma si può avere in seguito alla produzione di Anticorpi monoclonali murini specifici per strutture dei linfociti T utilizzati per prevenire il rigetto di trapianti oppure a farmaci come streptochinasi (nel trattamento dell'infarto miocardico) e penicillina. A questo proposito è curioso notare come la penicillina può indurre nell'uomo tutti e quattro i tipi di ipersensibilità. Oggi anticorpi monoclonali vengono impiegati contro certi tumori per colpire selettivamente recettori presenti su cellule neoplastiche. Attraverso l'ingegneria genetica si riesce ad ottenere Anticorpi umanizzati quindi non capaci di dare reazione che si verifica solo per Anticorpi eterologhi. La malattia da siero si può invece avere durante infezioni quando i patogeni tendono a persistere: ad es. l'endocardite batterica subacuta o l'epatite virale cronica.

Deposito di immunocomplessi nel rene
Gli immunocomplessi si depositano facilmente a livello renale. Qui la modalità dipende dalle loro dimensioni: se grandi si depositano a livello delle membrane basali del glomerulo, se più piccoli tendono a passare la membrana basale e vanno sul lato epiteliale. I fattori strettamente funzionali del rene che facilitano il deposito di immunocomplessi sono l'altra pressione del sangue a livello glomerulare ed i fenomeni di turbolenza che si hanno a livello delle curve e delle biforcazioni dei vasi del glomerulo. Gli immunocomplessi rallentano e tendono a fermarsi.


IPERSENSIBILITA' DI TIPO IV – RITARDATA
E' detta ritardata per la più lunga latenza, può manifestarsi nei confronti di Antigene proteici come veleni di insetti o proteine batteriche. Le manifestazioni cliniche sono fenomeni di edema localizzato cutaneo, eritema e indurimento. A livello istologico abbiamo la formazione di un granuloma che presenta un infiltrato prevalentemente costituito da Th1 (detti anche DTH) e macrofagi. Nel granuloma tubercolare vero e proprio ci sono anche macrofagi modificati, dovuti al fatto che spesso il macrofago non riesce ad eliminare il micobatterio.
Un esempio comune di ipersensibilità ritardata è quella da contatto: quella normalmente chiamata allergia ad esempio al nichel, al cromo, al lattice. Gli Antigeni sono in realtà aptèni, solitamente non proteici quindi uno ione metallico o sostanze di derivazione vegetale. Possiamo definirli Antigeni perchè estranei ma non possono da soli essere immunogeni; perciò devono collegarsi ad un vettore proteico che l'aptene incontra sulla cute. La reazione da contatto avviene perchè l'aptene viene assorbito a livello cutaneo e passa nello strato sottostante dove si coniuga al carrier proteico. La reazione locale è la dermatite da contatto.
Altro esempio è l'enteropatia, come la malattia celiaca, atrofia villosa del tenue con malassorbimento; però è anche inseribile tra le malattie autoimmuni.
Noi faremo 3 esempi di IV tipo: l'ipersensibilità da contatto, la reazione alla tubercolina che avviene a livello intradermico ed infine la reazione granulomatosa che clinicamente è la più importante. I tempi di latenza della reazione da contatto e tubercolinica sono tra 48 e 72 ore; la formazione del granuloma richiede 21-28 giorni.

Ipersensibilità da contatto
Le reazioni da contatto sono perlopiù dovute ad aptèni. L'aptene penetrato a livello cutaneo può legare gruppi NH2 di proteine derivate dalla cute e formare il complesso aptene-carrier che viene captato dalle cellule di Langerhans che lo processano e lo trasportano attraverso i linfatici afferenti ai linfonodi dove, sotto forma di cellule interdigitate, possono presentare peptidi derivati dalla processazione del complesso alle T CD4+. La situazione per questi Antigeni determina la maturazione delle T CD4+ verso Th1. La cellula si attiva in seguito al riconoscimento. L'attivazione della cellula in seguito al riconoscimento antigenico comporta la produzione di citochine come IL2, IFNgamma, GM-CSF e TNFa. Le cellule T a questo punto rilascianti gamma-IFN diventano effettrici e possono tornare al sito di penetrazione. Il gamma IFN aumenta l’espressione di molecole di adesione come ICAM1 e anche di molecole MHC II a livello dei cheratinociti della cute e delle cellule endoteliali. I cheratinociti attivati da IFNgamma rilasciano citochine infiammatorie come IL1, IL6 e GM-CSF che attrae cellule dal sangue. Possono essere attratte anche altre CD4+ anche non-specifiche per l'Antigene che possono essere attivate in questa sede; l'attività chemiotattica riguarda anche i macrofagi anche loro attivati dall'IFN gamma. Essi aumentano quindi la loro capacità fagocitica
La fase di diminuzione graduale della reazione si ha man mano che passa il tempo e ciò inizia quando i macrofagi attivati producono prostaglandine che hanno effetto di spegnimento della reazione infiammatoria perchè determinano l'inibizione della produzione sia di IL1 proinfiammatoria sia di IL2 che attiva i linfociti T. La produzione di PGE, il legame della T attivata ai cheratinociti ed infine la degradazione enzimatica del complesso aptene-carrier sono gli ultimi elementi della reazione che portano alla graduale scomparsa della reazione stessa e alla risoluzione. Non ci sarà più Antigene che sostenga la reazione.

Reazione alla tubercolina
E' simile. E' un test clinico per vedere se un soggetto ha avuto un precedente contatto con gli Antigene del micobatterio; è esempio di risposta di richiamo ad Antigeni solubili che sono stati precedentemente incontrati dal Sistema immunitario durante un'infezione tubercolare che noi potremmo aver avuto senza essercene accorti. Consiste nell'inoculo sottocutaneo di una piccola quantità di proteine estratte dal micobatterio della tubercolosi. Se l'individuo ha sviluppato immunità contro il micobatterio, avremo nella zona di inoculo intradermico una reazione infiammatoria. Anche qui la risposta è mediata da Th1 che riconoscono peptidi specifici derivati dal micobatterio. Partendo dall'inoculo, vediamo i tempi della reazione: abbiamo la solita captazione dell'Antigene da parte delle cellule di Langerhans con relativa presentazione dell'Antigene a livello linfonodale, entro le prime 2 ore aumenta l'espressione delle selectine sui capillari vasali; l'aumento delle selectine facilitano l'avvio dell'extravasazione di cellule; entro le prime 12 ore abbiamo anche espressione di altre molecole di adesione ICAM1 e VCAM1 che legano come controparte LFA1 e VLA4: abbiamo ora migrazione anche di monociti e linfociti quindi nel derma si forma un infiltrato da accumulo di cellule stravasate. L'aumento dell'infiltrato fa sì che le cellule che si ammassano rompano il collagene e aumenti edema; la reazione ha picco a 48ore e si completa con aumento di espressione di MHC II su macrofagi e cheratinociti che facilitano aumento della presentazione Antigene alle Th.

Reazione tubercolare vera e propria: granuloma tubercolare
E' la forma più rilevante dal punto di vista clinico per le complicanze. Il micobatterio tubercolare può sopravvivere e si moltiplica entro i macrofagi. Alcune sue componenti non possono essere adeguatamente presentati alla cellula T come peptidi antigenici: questo è un altro motivo di resistenza. Nonostante i macrofagi che hanno fagocitato i micobatteri si attivino più del solito, non riescono a distruggere tutti i micobatteri. Parte di questi vengono distrutti e i peptidi derivati vengono adeguatamente presentati ai Th, mentre altri no.
Il granuloma immunologico è la classica manifestazione della TBC ma si può trovare anche nella lebbra e nella sarcoidosi. Va distinto dal granuloma non immunologico in cui è presente un corpo estraneo. La differenza fondamentale è la presenza all'interno di linfociti: l'immunologico contiene linfociti, l'altro no. Anche sarcoidosi e morbo di Crohn presentano granuloma immunologico pur non dovute ad alcun patogeno microbico. L'attivazione costante dei macrofagi è dovuta alle Th1 (DTH) che producono gamma-IFN. L'infiammazione tende ad essere circoscritta tuttavia l'attivazione costante determina il rilascio di prodotti tossici nel tessuto, soprattutto reattivi dell'ossigeno e idrolasi acide che vanno a produrre un danno tissutale.
Granuloma e tubercolosi
Quando i micobatteri inalati si insediano nel polmone, i macrofagi li fagocitano ed iniziano a distruggerli, processano molte proteine ed iniziano a presentare peptidi antigenici alle Th. (Siamo ancora in una fase prevalentemente innata). C'è infiammazione a livello dell'alveolo con formazione di un nodulo. La Th1 (DTH) attivata perchè ha riconosciuto Antigene, diventa effettrice e produce IFNgamma, produce anche MCF e il MIF, importante perchè tende a trattenere i macrofagi in situ. A questo punto inizia a formarsi il granuloma tubercolare. Qui possiamo riconoscere cellule T DTH, macrofagi a vari stadi maturativi ma anche altri tipi che derivano da modifiche cui vanno incontro gli stessi. Essi possono allungarsi, perdere la capacità fagocitica e chiamarsi cellule epitelioidi. Altri possono fondersi e dare origine alle cellule giganti multinucleate. I macrofagi morendo liberano all'esterno micobatteri ancora vivi che possono diffondere instaurando un quadro di tubercolosi primaria. I macrofagi muoiono per esaurimento, ma muoiono anche per sostanze tossiche batteriche tubercolari. All'interno del granuloma si forma così necrosi e viene meno anche l'ossigeno. I macrofagi morti tendono a formare una massa amorfa all'interno della massa centrale del granuloma (necrosi caseosa). La necrosi può estendersi al tessuto polmonare circostante e a livello radiologico si può evidenziare. La guarigione inizia quando a livello del tubercolo si depositano sali di calcio (calcificazione). I micobatteri se non c'è sufficiente circoscrizione a livello del tubercolo, possono andare in circolo e anche diffondere a distretti lontani. La tubercolosi miliare è la diffusione estrema.