L’agente eziologico è un virus a RNA monocatenario (HCV) appartenente al genere Hepacivirus della famiglia dei Flaviviridae.
Come altri virus a RNA, il virus dell’epatite C presenta un notevole grado di variabilità, che rappresenta probabilmente un meccanismo attraverso cui il virus elude la risposta immune dell’ospite favorendo la persistenza dell’infezione. In conseguenza di ciò, in una persona infetta si possono trovare varianti multiple nelle sequenze genetiche del virus stesso.
Tuttavia, queste varianti restano geneticamente abbastanza simili, tanto che presentano dal 91% al 99% di identità in determinate regioni del genoma.
Oltre a queste variazioni tra i virus che infettano la stessa persona, si osservano altre e più marcate differenze genetiche nei virus isolati da ammalati diversi.
In base a queste differenze genetiche, è stato possibile distinguere sei genotipi maggiori di HCV (da 1 a 6) che hanno tra loro non più del 60% di identità nelle sequenze nucleotidiche.
All’interno di ciascun genotipo è possibile distinguere dei subgenotipi con identità nelle sequenze nucleotidiche tra il 75% e l’85%.
I vari genotipi hanno distribuzione geografica diversa e presentano, pertanto, un interesse epidemiologico.
Inoltre, essi hanno anche interesse clinico, giacchè la risposta alla terapia con interferone è diversa a seconda del genotipo del virus che infetta il singolo paziente.
HCV penetra per via parenterale e, giunto nel fegato, si localizza negli epatociti, in cui si riproduce.
Anche altre cellule, come i linfociti T e B ed i monociti, possono essere infettati e dar luogo alla replicazione virale, specialmente nel corso di infezioni croniche.
La presenza del virus è stata anche osservata nelle lacrime, nella saliva, nelle urine e nello sperma ma, contrariamente a HBV, la sua trasmissione con questi fluidi organici è rara.
L’infezione da HCV è diffusa in tutto il mondo con una distribuzione geografica variabile.
Si ritiene che più di 500 milioni di persone siano infettate dal virus dell’epatite C.
In Africa più del 5% della popolazione risulta infetta da HCV. In Italia l’epatite di tipo C rappresenta circa il 15-18% di tutti i casi di epatite virale. La prevalenza di anti-HCV è in media dell’1%. L’incidenza della malattia è diminuita progressivamente nel corso degli ultimi anni come conseguenza del controllo sistematico dei donatori.
L'HCV si trasmette attraverso la via parenterale, principalmente mediante il sangue e i suoi derivati. Di conseguenza, l’assunzione di droga per via endovenosa o le trasfusioni di sangue sono la causa principale di trasmissione di HCV.
Nei paesi industrializzati talassemici, emofilici, emodializzati e tossicodipendenti sono i soggetti a più alto rischio di infezione. Alcune categorie professionali come gli operatori sanitari possono essere a rischio di infezione.
La malattia viene raramente acquisita in seguito a trasfusione, come già ricordato per lo screening sistematico di tutte le unità di sangue. L’HCV può essere trasmesso, inoltre, anche per via sessuale, intrafamiliare o in comunità e per via verticale sebbene con una frequenza assai minore. Tuttavia, per una consistente quota di casi di epatite virale da virus C, la modalità di infezione rimane sconosciuta.
Diagnosi : la diagnosi di epatite virale C viene fatta mediante la dimostrazione degli anticorpi ant-HCV nel siero con saggi immunoenzimatici (EIA, enzyme immunoassay), che determinano gli anticorpi contro diversi antigeni delle proteine virali NS3, NS4, NS5 e del core.
Per la conferma delle reattività ottenute con i test EIA viene impiegato il RIBA test (recombinant immunoblotting assay), che permette la individuazione degli anticorpi verso i singoli antigeni utilizzati nel test e consente di escludere le false reazioni positive.
Comunque, il riscontro di anticorpi anti-HCV non permette di distinguere uno stato di pregressa infezione da quello di portatore cronico, che sono condizioni diverse dal punto di vista della prognosi e dello stato di infettività del soggetto positivo. Mancano però test per la ricerca diretta di antigeni virali.
La PCR (Polymerase Chain Reaction) permette di identificare, in campioni biologici, sequenze specifiche dell’acido nucleico virale anche se presenti in quantità molto modeste.
La determinazione dell’HCV-RNA riveste un ruolo importante sia al fine di una diagnosi eziologica sia perché consente di esprimere un giudizio prognostico.
Infatti, la scomparsa di HCV-RNA nel siero è correlata con la risoluzione della malattia mentre la sua persistenza indica una progressione verso l’epatite cronica.
Prevenzione
La notifica è obbligatoria e ogni caso notificato deve essere seguito da accurata indagine epidemiologica per individuare la sorgente dell’infezione.
Non disponendo ancora di vaccini sicuri ed efficaci anche a causa della estrema variabilità antigenica del virus e considerata l’alta percentuale di cronicizzazione, è importante che la prevenzione dell’epatite C sia attuata agendo sulle vie di trasmissione.
Le misure generali di prevenzione sono quelle già espresse per l’epatite B con particolare riferimento ai controlli sul sangue ed emoderivati.