Largamente diffusa in numerosi paesi a clima temperato e caldo; in Italia è presente in forma moderatamente endemica soprattutto nelle zone meridionali e costiere. La febbre tifoide è una malattia endemica in tutto il mondo ed in particolare nei paesi a clima temperato e caldo.
Si manifesta abitualmente con casi isolati, ma sono frequenti gli episodi epidemici per lo più di origine idrica.
La sua incidenza è notevolmente diminuita nei paesi ad alto livello economico-sociale, mentre resta elevata nei paesi in via di sviluppo. Si stima che ogni anno si abbiano in tutto il mondo 21 milioni di casi con 200.000 decessi, in massima parte in Asia, Africa e America del Sud.
In molte nazioni europee i pochi casi di malattia che si osservano sono quasi tutti da importazione. L’Italia, purtroppo, continua a far registrare il più alto tasso di morbosità nell’ambito europeo. Nel 2005 232 casi registrati in larga parte nelle regioni meridionali ed insulari.
A differenza delle salmonellosi di origine animale, la febbre tifoide è malattia esclusiva dell’uomo
Poiché S. Typhi è esclusivamente patogena per l’uomo, esso, malato o portatore, è l’unica fonte di infezione.
Il malato espelle i bacilli tifici con le feci nelle fasi avanzate della malattia, ma anche con le urine durante la batteriemia. La malattia crea lo stato di portatore con frequenza variabile a seconda dell’età dei soggetti (è maggiore negli anziani) ed in rapporto con l’esistenza di affezioni croniche delle vie biliari e delle vie urinarie (specialmente calcolosi della colecisti e calcolosi renale) che predispongono all’insediamento dei batteri nei calcoli o nelle lesioni sclerotiche. Il portatore cronico rappresenta una importante riserva di infezione. La frequenza dei portatori è variabile da zona a zona.
Il contagio può essere diretto interumano, attraverso le mani contaminate, o indiretto, soprattutto con l’acqua e gli alimenti; quest’ultima è di gran lunga la modalità più frequente di trasmissione della malattia. L’acqua rappresenta il veicolo più temibile, perché la sua contaminazione provoca abitualmente episodi con carattere epidemico.
La sua importanza, preminente in passato, appare oggi notevolmente ridotta, grazie alla maggiore attenzione che si pone nella clorazione delle acque distribuite dagli acquedotti comunali.
Nell’acqua S. Typhi può sopravvivere fino ad oltre 40 giorni.
La contaminazione più spesso avviene per infiltrazione di liquami nella rete idrica per disconnessione di giunture delle tubazioni e contemporanea rottura di condotte fognarie nel sottosuolo; altre volte la contaminazione può avvenire come conseguenza di malfunzionamento degli impianti di potabilizzazione. Gli alimenti che più spesso agiscono come veicoli di trasmissione delle infezioni a trasmissione fecale-orale sono i frutti di mare e gli ortaggi.
Alla base della loro contaminazione sta l’irrazionale smaltimento dei liquami di fogna.
L’inquinamento dei frutti di mare può avvenire direttamente nei bacini di allevamento in seguito allo scarico di liquami nei tratti di mare circostante.
I mitili si nutrono filtrando l’acqua e trattenendo tutto quanto è in sospensione, compresi virus e batteri; in questo modo si ha una vera e propria concentrazione di microrganismi all’interno dei molluschi.
L’attuale normativa che impone l’impianto della mitilicoltura in acque non contaminate e vieta la raccolta di mitili da acque contaminate, ha grandemente ridotto il rischio di trasmissione, così come il divieto di bagnare continuamente i mitili raccolti con acqua di mare.
Meno rilevante è il rischio rappresentato dalle verdure fresche, per le norme di legge che ne vietano l’irrorazione con liquami e perché il semplice lavaggio con acqua corrente è sufficiente per allontanare i microrganismi presenti. In alcuni casi possono essere responsabili altri alimenti.
L’agente eziologico è Salmonella Typhi.
Antigene somatico O e ciliare H e Vi di superficie, localizzato all’esterno della parete cellulare.
Gli antigeni Vi e O inducono la formazione di anticorpi specifici che hanno significato protettivo.
I ceppi di S. Typhi possono essere suddivisi in lisotipi in base alla diversa sensibilità ad una serie di batteriofagi ed in genotipi mediante metodi per l’analisi molecolare del DNA batterico.
S. Typhi penetra nell’organismo per via orale (in genere con l’acqua o con gli alimenti).
Si localizza nelle strutture linfatiche della parete intestinale (follicoli e placche di Peyer) e nei linfonodi mesenterici, dove va incontro ad una attiva moltiplicazione (moltiplicazione primaria).
Da qui i batteri raggiungono il dotto toracico e, quindi, il circolo ematico, diffondendosi nell’organismo e localizzandosi in particolare nei linfonodi, milza, fegato, midollo osseo e polmoni.
Dal fegato, con la bile, essi ritornano nell’intestino e determinano l’invasione secondaria delle strutture linfatiche intestinali; qui, per effetto della precedente sensibilizzazione, inizia un processo flogistico che porta alla necrosi, con successiva caduta delle escare e comparsa delle caratteristiche ulcerazioni che riproducono a stampo la morfologia dei follicoli e della placche di Peyer. E’ in questa fase che possono verificarsi le più temute complicanze della febbre tifoide : lesioni vascolari con enterorragia e perforazione della parete intestinale con conseguente peritonite.
L'incubazione va da 1 a 3 settimane.
In epoca preantibiotica la sintomatologia della febbre tifoide si svolgeva in 4 periodi successivi, ciascuno della durata di 7 giorni circa (settenari). Attualmente, con il precoce trattamento antibiotico, la malattia ha decorso più breve; la letalità, che in passato era molto elevata, è scesa a meno dell’1%.
Sono frequenti forme a decorso attenuato ed infezioni asintomatiche, in rapporto alla carica infettante ed alle capacità di difesa dell’individuo.
- Periodo di invasione o 1° settenario : corrisponde alla diffusione dei batteri del tifo nel circolo ematico con conseguente batteriemia. E' caratterizzato da febbre che si eleva gradatamente, con punte che superano ogni sera di mezzo o di 1 grado quelle della sera precedente e con remissioni mattutine sempre meno profonde, avendosi così la tipica curva termica “a gradini”; è caratteristica la dissociazione tra l’aumento della temperatura e la frequenza del polso, che si mantiene relativamente bassa.
- Periodo di stato o 2° e 3° settenario : va dalla localizzazione secondaria dei batteri nei linfatici intestinali fino alla formazione delle ulcere. In questo periodo si instaurano i sintomi indicatori della malattia: stato stuporoso del paziente, comparsa di roseole sulla cute dell’addome, spleno ed epatomegalia, lingua fuligginosa, addome meteorico con feci spesso diarroiche e di colore verdastro. La febbre si mantiene costante su valori elevati; negli ultimi 4-5 giorni si hanno ampie oscillazioni con profonde remissioni mattutine, leucopenia con neutropenia e linfocitosi relativa e
possono manifestarsi complicanze quali enterorragia con melena e perforazione con peritonite
- Periodo di defervescenza o 4° settenario : corrisponde al processo di detersione e di riparazione delle ulcere. La febbre continua a scendere in modo graduale, con modalità molto simili a quelle del periodo di ascesa e tutti i sintomi regrediscono rapidamente.
Diagnosi : l'emocoltura può essere effettuata nelle fasi iniziali della malattia, quando cioè S. Typhi è presente nel sangue. Va effettuata prelevando un campione di sangue, prima della somministrazione di antibiotici, tutte le volte che si ha febbre non immediatamente riferibile a cause altrimenti individuabili. La sieroagglutinazione : si positivizza a cominciare dalla 2° settimana dall’inizio della sintomatologia, quando gli anticorpi iniziano a comparire nel siero in quantità dimostrabili. Consiste nella ricerca quantitativa differenziata degli anticorpi anti-O e anti-H e si esegue addizionando a diluizioni del siero del paziente (da 1:50 a 1:400) sospensioni di batteri del tifo trattati con alcol (sospensione O) e con formolo (sospensione H).
La comparsa delle agglutinine O ed H non avviene contemporaneamente; le agglutinine O sono le prime a comparire (6°-8° giorno) ma anche le più rapide a scomparire, mentre le agglutinine H compaiono più tardivamente (10°-12° giorno) ma persistono per mesi o anche per qualche anno.
coprocoltura : spesso positiva nelle fasi avanzate della malattia, quando le salmonelle passano con le escare nel lume intestinale e vengono espulse con le feci. Va anche effettuata durante la convalescenza per accertare che il soggetto non sia rimasto portatore di bacilli tifici.
Prevenzione
Misure preventive che devono essere adottate ogni volta che si individua un caso di febbre tifoide. Mirano ad impedire il contagio diretto dal malato al sano e la dispersione dei batteri nell’ambiente. Per evitare il contagio diretto o tramite la biancheria ed altri oggetti venuti a contatto con il malato, è opportuno che questo sia assistito in ospedale, dove è possibile realizzarne l’isolamento fisico e funzionale.
Lo stesso isolamento può essere disposto dal medico curante nel domicilio del malato, se è possibile riservargli per tutta la durata della malattia una stanza con bagno, funzionalmente separata dal resto dell’abitazione, e se l’assistenza sarà assicurata da persona in grado di seguire le prescrizioni che devono essere date per evitare il contagio intrafamiliare e la dispersione di materiale contaminato al di fuori dell’abitazione.
A tal riguardo è essenziale prescrivere l’uso di disinfettanti per le mani di chi assiste il malato, da usarsi dopo ogni contatto con esso, nonché la disinfezione di tutto ciò che gli appartiene.
Per la disinfezione della biancheria e delle stoviglie è sufficiente l’abituale lavaggio nelle comuni macchine lavatrici per uso domestico; altrimenti si effettuerà un bagno in soluzione di varechina prima del lavaggio a mano.
Dopo la guarigione del malato è opportuno procedere alla disinfezione della stanza di degenza con formalina immessa allo stato di vapore, di nebbia o di aerosol, oppure con altro idoneo disinfettante (iodofori) allo stato di aerosol, in modo che l’azione si esplichi su tutte le superfici (comprese quelle dei mobili e delle suppellettili).
Secondo le disposizioni vigenti nel nostro paese, l’isolamento del malato deve durare fino a quando non si ottengono tre coprocolture negative, eseguite ad intervalli di almeno 24 ore l’una dall’altra.
La prima coprocoltura sarà eseguita dopo la guarigione clinica quando la terapia antibiotica è stata sospesa da almeno tre giorni. In caso di positività persistente (portatore convalescente) si attuerà la dimissione, ma si dovrà dare comunicazione al Servizio di Igiene dell’Azienda ASL in cui risiede il dimesso. I conviventi devono essere tenuti sotto sorveglianza sanitaria per 20 giorni a partire dall’ultimo contatto con il malato e devono essere sottoposti ad esame coprocolturale per scoprire eventuali portatori.
Coloro che sono addetti a particolari attività (assistenza sanitaria, produzione, preparazione, distribuzione di alimenti) devono essere sospesi per tutto il periodo di sorveglianza sanitaria e vanno riammessi al termine di questa, dopo aver ottenuto tre coprocolture negative.
La bonifica dei portatori cronici difficilmente può essere ottenuta con la somministrazione di antibiotici e chemioterapici (amoxicillina, ampicillina, trimetoprim-sulfametossazolo, norfloxacina), anche se essa viene prolungata, perché i batteri del tifo localizzati nella colecisti o a livello di calcoli renali sono spesso protetti dall’azione degli antibiotici.
Solo la colecistectomia o l’asportazione dei calcoli dà migliori risultati, ma l’intervento chirurgico non può essere imposto e va eseguito solo se esistono altre indicazioni derivanti dallo stato di salute del soggetto.
Al portatore deve essere vietata ogni attività lavorativa che comporti un rischio di trasmissione dell’infezione per contagio diretto o indiretto.
In particolare, non dovrà essere addetto alla produzione, preparazione o distribuzione di alimenti, né ai servizi idrici. Inoltre dovrà essere adeguatamente informato del rischio derivante ai suoi conviventi ed alla comunità dal suo stato di portatore e della possibilità di ridurlo curando scrupolosamente la pulizia personale ed evitando di disperdere le proprie feci ed urine.
Infine, sarà opportuno sottoporre a vaccinazione i conviventi.

Interventi che vanno programmati ed attuati nel territorio e nella popolazione
Gli interventi sul territorio hanno lo scopo di evitare che l’acqua e gli alimenti possano svolgere il ruolo di veicoli. La bonifica dell’ambiente va vista essenzialmente come protezione del suolo e delle acque dall’inquinamento fecale :
- raccolta e allontanamento dei liquami in idonee reti di fognature e loro smaltimento in siti opportunamente scelti, dopo trattamento di depurazione in adatti impianti
- protezione delle fonti di approvvigionamento idrico, vigilanza sulle opere di raccolta dell’acqua e sulle reti di distribuzione degli acquedotti, controlli periodici della qualità dell’acqua erogata
- controllo degli alimenti.
Gli interventi sulla popolazione consistono nell’educazione sanitaria e nella vaccinazione, che è utile solo in aree con elevata endemicità.
La vaccinazione di massa può essere utile solo nei paesi in via di sviluppo dove la febbre tifoide è presente con elevati livelli di endemicità e frequenti episodi epidemici.
La vaccinazione individuale può essere consigliata a tutti coloro che da zone indenni o con bassa endemicità si recano in aree dove il rischio di infezione è elevato, facendo loro presente che devono, comunque, essere cauti nella scelta dell’acqua, delle bevande e di cibi.
Attualmente si impiegano due diversi tipi di vaccino
-Vaccino orale con batteri vivi attenuati : esso, pur esercitando attività immunogena direttamente sulla mucosa, non manifesta capacità aggressiva verso di essa perché perché il difetto metabolico produce accumulo di galattosio all’interno delle cellule batteriche con richiamo di acqua e conseguente lisi osmotica. La dose vaccinale è costituita da 3 capsule gastroprotette da ingerire a giorni alterni (a 1,3 e 5 giorni) con dose uguale sia per il bambino sia per l’adulto.
Il vaccino stimola una elevata produzione di IgA a livello della mucosa intestinale, che blocca l’infezione alla porta di ingresso, impedendo l’impianto e la moltiplicazione dei batteri virulenti.
L’efficacia protettiva è del 70-90% e persiste per almeno 2-3 anni.
Il vaccino è controindicato nelle donne in gravidanza e nei bambini al di sotto del terzo mese di vita. Non va somministrato a soggetti in trattamento con antibiotici attivi su S. Typhi e in concomitanza con il vaccino antipolio orale. Le reazioni secondarie sono rare e sono rappresentate da lievi disturbi gastro-intestinali
- Vaccino polisaccaridico composto dal polisaccaride esterno, capsulare Vi di S. Typhi altamente purificato : viene inoculato per via intramuscolare in unica dose di 0,5 ml. L'efficacia protettiva è del 60-90% e persiste per almeno 3 anni. Le reazioni secondarie sono lievi e di breve durata