La rosolia è una malattia esantematica, contagiosa, a breve decorso e di modestissima gravità quando colpisce un organismo maturo. L’infezione in una donna gravida non immune è, invece, particolarmente grave se avviene nelle fasi iniziali della gravidanza, per i danni che può determinare all’embrione.
Il virus rubeolico, classificato nel genere Rubivirus della famiglia Togaviridae è un virus a RNA monocatenario di cui si conosce un solo tipo antigene.
Ha la capacità di emoagglutinare i globuli rossi di uccelli ed i globuli rossi umani di gruppo 0.
E’ poco resistente nell’ambiente e viene rapidamente inattivato dalla maggior parte dei disinfettanti chimici e dagli agenti fisici (UV, calore, essiccamento).
Introdotto per via aerea, il virus rubeolico si moltiplica dapprima nella mucosa nasofaringea ed in seguito nei linfonodi satelliti. Dopo 7-10 giorni dal contagio segue una fase viremica che persiste fino alla comparsa del rash esantematico e della risposta anticorpale specifica.
L’eliminazione del virus avviene principalmente per via faringea, ma esso può essere presente, inconstantemente, anche nel secreto congiuntivale, nelle urine e nelle feci.
Quando la prima infezione occorre nei primi 3-4 mesi di gravidanza la viremia determina frequentemente un’infezione placentare e la trasmissione all’embrione; ne derivano un ritardo e un disordine nell’organogenesi, con le possibilità sia di morte intrauterina dell’embrione o del feto oppure di nascita di un bambino portatore di malformazioni spesso gravi e invalidanti e di rosolia del neonato. La malattia post-natale inizia, dopo un periodo di incubazione di 14-21 giorni, con modica febbre, linfoadenopatie laterocervicali, retroauricolari e sottoccipitali e manifestazioni esantematiche di tipo eritematoso o maculopapuloso scarsamente tipiche.
La linfoadenopatia può precedere di diversi giorni l’esantema o manifestarsi anche senza esantema.
Le manifestazioni cutanee iniziano alla faccia e al collo per diffondersi rapidamente al tronco, alle braccia e alle gambe; durano in genere tra 2 e4 giorni.
Nella maggior parte dei casi la sintomatologia è lieve e solo in un modesto numero di casi si hanno complicazioni.
Le più comuni sono quelle articolari, neurologiche e trombocitopeniche.
Le complicazioni articolari, rare nel bambino, sono frequenti nell’età adulta (fino al 70% dopo i 30 anni); la sintomatologia varia da una fugace poliartralgia a vere e proprie forme di artrite che persistono mediamente per una settimana.
Tra le complicanze neurologiche, quella encefalitica è di gran lunga la più importante (letalità del 3-5%), ma la sua incidenza è senz’altro bassa (1 caso su 20.000-25.000).
La trombocitopenia determina sindromi emorragiche di vario grado; il suo decorso è di solito favorevole anche se prolungato (da 1 a 3 mesi).
La rosolia connatale, quando non si traduce nell’aborto o nel parto prematuro con feto morto, determina lesioni nervose (microcefalia, encefalite, malformazioni del SNC), dell’orecchio interno, dell’occhio (cataratta, glaucoma, retinite pigmentosa, microftalmia), dell’apparato cardiovascolare (pervietà del dotto arterioso, del setto interventricolare, del setto interatriale, stenosi valvolari, tetralogia di Fallot).
Non sono infrequenti neppure porpora neonatale, epatite con epatosplenomegalia, necrosi miocardiche, lesioni ossee, polmonite e nefrite interstiziale.
La rosolia contratta nei primi 3-4 mesi di gravidanza determina un incremento degli aborti e dei parti prematuri con feto morto; fra i bambini nati vivi, una frequenza di malformazioni nel 50% dei casi quando è contratta nel primo mese di gravidanza, nel 22-25% durante il secondo mese, nel 6-15% durante il terzo mese, nello 0,1% durante il quarto mese; dal quinto mese in avanti non si ha più alcun rischio di malformazioni.
Per quanto riguarda la rosolia connatale in assenza di vaccinazione il rischio di infezione fetale è globalmente stimato in 4-30 casi su 1000 nati vivi in periodi epidemici e in meno di 0,5 casi su 1000 in periodi interepidemici.
Epidemiologia
Le sorgenti di infezioni sono strettamente umane.
Il periodo di incubazione è più spesso di 16-18 giorni (da 14 fino a 23 giorni).
Il virus viene eliminato, nei casi clinicamente evidenti, da una decina di giorni e più prima dell’inizio della sintomatologia fino a 1-2 settimane dopo; il periodo di massima contagiosità, però, va da 2-3 giorni prima a 2-3 giorni dopo l’inizio dell’esantema.
La trasmissione avviene essenzialmente per via aerea, con contatto diretto o mediante goccioline di secrezioni nasofaringee per ciò che si riferisce all’infezione post-natale, per via transplacentare per la rosolia connatale.
Nella rosolia post-natale accanto alle forme conclamate sono importanti quali sorgenti di infezione le forme inapparenti. Il bambino che nasce affetto da rosolia è una temibile e duratura sorgente di infezione; l’eliminazione del virus, infatti, non cessa in genere prima del 6° mese e in alcuni casi può arrivare fino al 18° mese di vita. Data la presenza di forme inapparenti e la modesta gravità e tipicità dei casi manifesti, la reale diffusione dell’infezione rubeolica può essere valutata esattamente solo con metodiche siero-epidemiologiche.
Nei soggetti colpiti da una prima infezione la risposta immunitaria è testimoniata dalla comparsa di anticorpi specifici (svelabili mediante metodi immunoenzimatici) che durano praticamente tutta la vita.
In tali soggetti sono possibili reinfezioni che sono clinicamente inapparenti, non danno luogo a viremia, non comportano rischi embrionali nelle donne gravide e si traducono in definitiva in un rinforzo dell’immunità.
In assenza di vaccinazione di massa si ha una continua diffusione endemica con epidemie a intervalli di 6-9 anni; le età più colpite sono quelle da 5 a 9 anni e, in misura di poco inferiore, quelle da 10 a 14 anni.
In Italia 6.224 casi nel 2002 e successivamente, nel 2005, sono stati notificati soltanto 297 casi; anche se i dati derivanti dalle notifiche soffrono di una forte sottostima, sembra che le campagne di vaccinazione con il vaccino MPR siano efficaci per il controllo dell’infezione e per l’avvio dell’eliminazione della malattia.
Prevenzione
L’isolamento (ospedaliero o domiciliare) è praticamente privo di efficacia per diversi motivi:
- elevato numero di colpiti in periodo epidemico
- numerose sorgenti di infezione asintomatiche
- inizio della eliminazione del virus prima delle manifestazioni cliniche nei casi conclamati
L’isolamento domiciliare è necessario e va attuato durante tutto il primo anno di vita nei riguardi dei bambini nati con rosolia congenita.
Pressochè inutili sono le pratiche di disinfezione, per la labilità del virus; è sufficiente procedere al lavaggio in lavabiancheria ed in lavastoviglie della biancheria e delle stoviglie che sono venute a contatto con il malato.
L’accertamento diagnostico è di particolare valore per la diagnosi di infezione in gravidanza, nel caso di contatto con un malato di rosolia. Se la gestante si presenta all’osservazione medica subito dopo il contatto, la dimostrazione di anticorpi sierici testimonia per una precedente immunità e garantisce l’assenza di rischi per il prodotto del concepimento. La negatività sierologica, invece, impone un ulteriore dosaggio degli anticorpi nel sangue dopo circa 20 giorni.
La conversione sierologica indica l’avvenuta infezione ed il conseguente rischio di aborto o di embriopatia da valutare in rapporto all’epoca della gravidanza.
Se la donna gravida si presenta tardivamente all’osservazione medica (dopo 20 giorni o più) la negatività sierologica testimonia che il contagio non è avvenuto, mentre la positività sul siero non frazionato non è in grado di indicare se l’infezione è stata contratta in gravidanza oppure mesi o anni prima. Diventa in questo caso indispensabile praticare la ricerca degli anticorpi specifici sulla sola frazione IgM poiché questa classe di immunoglobuline persiste per un periodo massimo di 60-80 giorni dall’infezione.
La vaccinazione è l’unica pratica preventiva realmente efficace.
Essa va attuata con la somministrazione sottocutanea del vaccino costituito da virus rubeolici vivi ed attenuati, combinati con i virus vivi e attenuati del morbillo e della parotite nel vaccino trivalente MPR o con gli stessi e con i virus vivi ed attenuati della varicella nel vaccino tetravalente MPR-VZ.
Anche per la prevenzione della rosolia il vaccino trivalente o tetravalente ha la maggior efficacia quando è somministrato attorno ai 15 mesi di vita, con una dose di recupero a 5-6 anni.
La frequenza di sieroconversioni è compresa tra il 95 e il 100%, con produzione di anticorpi circolanti e di anticorpi secretori a livello delle mucose.
I titoli anticorpali raggiunti sono inferiori di 2 volte a quelli conseguenti a infezioni naturali, ma l’immunità è ugualmente di lunga durata anche in assenza di reinfezioni.
Le reinfezioni, peraltro, pur non provocando malattia clinica, viremia e quindi possibili danni fetali, funzionano come potenti richiami e concorrono a prolungare l’immunità per tutta la vita.
La vaccinazione antirubeolica ha ben poche controindicazioni, che non differiscono da quelle consuete delle altre vaccinazioni e più in particolare di quelle con virus attenuati : malattie acute febbrili, deficit immunitari congeniti o acquisiti
I virus rubeolici attenuati si replicano nel punto di inoculazione, dando luogo a una fase viremica, compaiono frequentemente ma fugacemente (per 1-2 giorni) nel secreto orofaringeo dopo 10-14 giorni dall’inoculazione; il virus così eliminato non è però trasmissibile ai contatti.
La vaccinazione può essere seguita da risentimenti transitori dei linfonodi in sede cervicale e occipitale e da artralgie.; queste ultime, rare nei bambini, si verificano più frequentemente negli adulti oltre i 25 anni, compaiono da 2 a 10 settimane dopo la vaccinazione e durano da un giorno a una settimana.
La vaccinazione è raccomandata non solo nell’infanzia ma anche a tutte le donne in età feconda
Le donne non vaccinate da bambine e dalla cui anamnesi non risulta la rosolia vanno vaccinate per risparmiare loro la preoccupazione di contrarre l’infezione durante una futura gravidanza, somministrando il vaccino senza bisogno di alcun accertamento dello stato immunitario.
Ad esse va raccomandato di non iniziare una gravidanza entro 28 giorni dalla vaccinazione; tuttavia, se una donna è stata inavvertitamente vaccinata in gravidanza, ciò non costituisce indicazione per l’aborto, giacchè non sono mai stati osservati danni all’embrione o al feto in tutti i casi in cui il vaccino è stato somministrato a donne che non sapevano di essere gravide.
Profilassi immunitaria passiva : di fronte a una infezione rubeolica in gravidanza è stato sperimentato l’impiego di immunoglobuline specifiche (2 ml di preparato ad alto titolo anticorpale).
Teoricamente, se la somministrazione è precoce ed avviene prima della viremia, dovrebbe essere evitata la infezione placentare e il danno embrionale.
In effetti, anche se è stato segnalato qualche risultato positivo, è certo che da donne così trattate sono nati bambini con rosolia congenita. Pertanto, le immunoglobuline sono prive di un sicuro effetto protettivo.