La rabbia è una tipica zoonosi, trasmessa all’uomo abitualmente con il morso di animali infetti.
La malattia dell’uomo, benchè rara, è sempre ad esito letale, sicchè l’unica possibilità di lotta risiede nella prevenzione.
L’agente eziologico è un virus ad RNA appartenente alla famiglia dei Rhabdoviridae, genere Lyssavirus. La particella virale contiene 2 antigeni : uno di natura glico-proteica che provoca la formazione di anticorpi neutralizzanti e l’altro, nucleo-proteico, responsabile della comparsa degli anticorpi fissanti il complemento. E’ conosciuto un solo sierotipo.
Il virus della rabbia è patogeno per quasi tutti gli animali a sangue caldo e soprattutto per i mammiferi, nei quali provoca l’insorgenza di una encefalite mortale. Solo il vampiro può infettarsi senza contrarre malattia, restando quindi portatore sano.
Gli animali più frequentemente colpiti sono il cane, il gatto, i bovini, suini, la volpe, il lupo e molti roditori.
La rabbia è diffusa in tutto il mondo, con oltre 30.000 casi l’anno, quasi tutti in paesi in via di sviluppo (Africa, Sud-Est asiatico)
In Italia dal 1995 non vengono più registrati casi di rabbia silvestre e la malattia può essere considerata eradicata.
L’unico serbatoio naturale o sorgente di infezione è costituito dagli animali e l’uomo è soltanto un ospite occasionale.
Tra gli animali, quelli che sostanzialmente mantengono la catena dell’infezione sono i mammiferi e soprattutto lupi, volpi, cani, gatti, bovini, suini, ovini, equini, conigli, pipistrelli ematofagi o vampiri, sciacalli, manguste, coyote, moffette, tassi, lontre, caprioli
Nella epidemiologia della rabbia si possono distinguere due modalità di diffusione, la rabbia silvestre o naturale e la rabbia urbana o domestica.
-       La rabbia silvestre o naturale è mantenuta dagli animali che vivono allo stato libero.
-       La rabbia urbana o domestica è mantenuta dagli animali domestici

L’uomo si infetta principalmente con il morso di un animale infetto (trasmissione  attraverso la saliva degli animali infetti inoculata con il morso) o, assai più di rado, attraverso lesioni della cute bagnate dalla saliva infetta o dalle urine infette.
Eccezionale è la trasmissione per via aerea. Non è documentato alcun episodio di trasmissione interumana, anche se l’uomo ammalato elimina il virus attraverso la saliva e l’urina. Penetrato per via cutanea, di solito con la morsicatura, il virus raggiunge attraverso i nervi sensitivi il sistema nervoso centrale dove si moltiplica attivamente; da qui si diffonde per tutto l’organismo, concentrandosi in particolare nelle ghiandole salivari, ma anche in altri organi. Infatti, può essere reperito, sia pure con minore frequenza, anche nelle urine, latte e sangue. Nel sistema nervoso centrale si ha la comparsa dei tipici corpi del Negri, che appaiono come inclusioni citoplasmatiche nelle cellule piramidali e possono essere di elevato significato diagnostico.
Il virus penetrato nel tessuto sottocutaneo e muscolare diffonde lentamente lungo le vie nervose sensoriali, raggiungendo il sistema nervoso centrale, dove provoca una encefalomielite acuta con distruzione delle cellule nervose della corteccia cerebrale, del mesencefalo, dei gangli della base, del ponte e del bulbo, moltiplicandosi con estrema rapidità. Nel midollo spinale sono colpite soprattutto le corna posteriori.
Il periodo di incubazione è molto variabile, più spesso da 3 a 8 settimane ma può andare da 1 settimana a più di un anno.
La diversa durata è in rapporto alla distanza che il virus deve percorrere dal punto di penetrazione fino al sistema nervoso centrale, oltre che all’abbondanza delle terminazioni nervose nella sede della ferita ed alla carica virale infettante.
Di norma, il periodo di incubazione è molto breve nei soggetti che subiscono gravi morsicature al viso; anche le morsicature alle mani, in quanto ricche di terminazioni nervose sensitive, hanno più breve periodo di incubazione.
La malattia si manifesta con una fase prodromica contrassegnata da stato ansioso, febbre, cefalea e vomito.
Significato diagnostico rivestono sensazioni abnormi nella sede dell’infezione (formicolii, prurito, iperestesie o parestesie cutanee) in seguito all’intensa stimolazione del sistema sensitivo.
Con il progredire della malattia insorgono convulsioni generalizzate e i due sintomi patognomonici della rabbia umana : l’idrofobia, che si presenta con spasmi dolorosi faringo-laringei conseguenti al contatto delle labbra con l’acqua o anche alla semplice vista o rumore dell’acqua corrente, e la aerofobia, che si manifesta con violenti spasmi respiratori al minimo soffio d’aria. Gli accessi convulsivi e asfittici si susseguono sempre più violenti fino a che non sopravviene la morte.
A volte, nel periodo preterminale, allo stato di eccitazione motoria segue un breve periodo paralitico della durata di qualche ora, con cessazione degli spasmi e paralisi generalizzate di tipo flaccido.
La morte sopravviene in genere dopo 3-5 giorni dall’inizio dei sintomi patognomonici.
Diagnosi
Gli accertamenti diagnostici vengono fatti di norma nell’animale morsicatore, in quanto nell’uomo la diagnosi è clinica e non presenta difficoltà.
Se si riesce a catturare l’animale sospetto rabido, non è consigliabile ucciderlo ma è preferibile tenerlo in osservazione per 10 giorni, considerato che l’infezione può essere trasmessa da 3 a 8 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi, quando il virus comincia ad essere presente nella saliva.
Gli accertamenti diagnostici si eseguono mediante l’esame microscopico e l’isolamento del virus.
L’indagine microscopica di scelta, perché sensibile e rapida, è quella in immunofluorescenza, con cui si evidenziano nel tessuto cerebrale gli antigeni virali mediante antisieri specifici marcati con sostanze fluorescenti.
L’isolamento del virus può essere ottenuto mediante inoculazione nel topino o in colture cellulari di una emulsione del cervello o della saliva dell’animale sospetto rabido.
Prevenzione
Nei paesi in cui la rabbia è ancora endemica, l’unica concreta possibilità di lotta è fornita dall’immunoprofilassi (vaccinoprofilassi e sieroprofilassi), tenuto conto che non esiste alcuna terapia efficace e che la malattia è sempre letale.
La vaccinazione antirabbica si applica alle persone che, nelle aree endemiche, sono state morsicate o, comunque, sono venute a contatto con animali affetti da rabbia o presunti tali (vaccinoprofilassi post-esposizione).
Essa differisce, pertanto, da tutte le altre vaccinazioni, che vanno effettuate prima dell’esposizione al rischio di infezione.
Questa singolarità deriva dal fatto che il periodo di incubazione della malattia è in genere sufficientemente lungo perché il vaccino possa suscitare uno stato di immunità tale da neutralizzare il virus prima che abbia potuto localizzarsi nel sistema nervoso centrale.
La vaccinazione antirabbica, inoltre, è consigliabile e opportuna per tutti coloro che per la loro attività professionale sono esposti ripetutamente al rischio di infezione (vaccinoprofilassi pre-esposizione)
Attualmente sono usati vaccini inattivati, preparati con virus della rabbia riprodotto in colture cellulari; essi sono dotati di elevato potere immunogeno, con una efficacia protettiva del 100% e della durata di almeno 3 anni.
La scheda vaccinale raccomandata per la vaccinazione post-esposizione prevede la somministrazione di 5 dosi ai giorni 0,3,7,14,30; la via di inoculazione è quella intramuscolare nella regione deltoidea agli adulti e nell’area anterolaterale prossimale della coscia ai bambini.
Reazioni locali al punto di inoculazione sono presenti nel 25% dei vaccinati; nel 20% circa si hanno reazioni generali modeste, come cefalea, nausea, dolori muscolari ecc.
E’ utile associare al vaccino la somministrazione di immunoglobuline specifiche (profilassi attiva e passiva), specialmente nelle persone con gravi morsicature alla testa ed alle mani, la cui azione consiste nel ritardare la diffusione del virus al sistema nervoso centrale, così da prolungare il periodo di incubazione e consentire al vaccino di promuovere una immunità attiva sufficiente.
Poiché in Italia la rabbia è assente, in caso di morsicatura da parte di animali domestici non è indicata la vaccinazione, a meno che l’animale non provenga da aree geografiche in cui la malattia è ancora endemica.