L´Entamoeba histolytica può essere isolata con discreta frequenza dall´intestino di pazienti provenienti dalle aree geografiche più disparate, ma particolarmente dalle regioni tropicali e subtropicali.
La massima incidenza è registrata infatti nelle aree economicamente depresse abitate in prevalenza da immigrati provenienti da regioni ad endemia amebica. In ogni caso l´incidenza e la gravità dell´infezione, che si trasmette per via orofecale, sono correlate in maniera diretta con la precarietà delle condizioni igieniche ed il superaffollamento urbano. Le epidemie di dissenteria amebica conseguono solitamente a contaminazione fecale dell´acqua potabile.
Eziopatogenesi: l´insorgenza dell´ascesso amebico è più frequente nella terza-quinta decade di vita. Per ragioni non ancora conosciute la patologia è più frequente nel sesso maschile, con un rapporto maschi: femmine di 10:1. L´infezione amebica avviene tramite l´ingestione di cisti amebiche. I trofozoiti, che rappresentano la forma attiva del parassita e che sono i responsabili delle lesioni tissutali, vengono liberati dalle cisti in corrispondenza del tenue distale e del grosso intestino, dove sopravvivono nutrendosi di batteri commensali e di metaboliti presenti nel contenuto intestinale.
I trofozoiti raggiungono il fegato attraverso il sangue portale, e solitamente vanno incontro a distruzione, non appena raggiunta la rete capillare epatica. L´occlusione trombotica indotta dalla presenza dei parassiti a livello delle più fini diramazioni portali porta a necrosi della parete vascolare e disseminazione intraepatica dei trofozoiti.
Gli enzimi litici e la probabile attività citolitica del parassita causano la colliquazione di piccole aree epatiche, dalla confluenza delle quali origina l´ascesso epatico vero e proprio.
Diagnosi clinica e strumentale: l´esordio clinico dell´ascesso amebico può essere drammatico oppure insidioso, con considerevoli differenze nella intensità e nella durata della sintomatologia.
I sintomi possono insorgere acutamente ed essere presenti da pochi giorni al momento della diagnosi, oppure persistere in maniera sfumata da qualche mese. Formulare il sospetto diagnostico può essere difficile: la ricerca di cisti amebiche e trofozoiti nelle feci può risultare positiva solo nel 15% dei soggetti con localizzazioni epatiche del parassita, rendendo difficile la diagnosi.
Il dolore in ipocondrio o epigastrio, la perdita di peso, la febbre e la compromissione delle condizioni generali sono le manifestazioni cliniche più frequenti. Il dolore, che può essere molto intenso ed è in genere esacerbato dalla palpazione dell´addome, è l´elemento più comune, ed è presente in oltre il 90% dei pazienti; è di tipo continuo, solitamente avvertito in ipocondrio destro, in caso di localizzazione al lobo di destra, o in epigastrio, se l´ascesso si localizza al lobo di sinistra.
Negli ascessi del lobo destro localizzati in prossimità della cupola epatica è frequente l´irradiazione all´arcata costale, alla spalla di destra ed alla regione laterale destra del collo.
La sintomatologia gastrointestinale, dominata da nausea e vomito, è presente nel 15% circa dei casi.
All´esame obiettivo dell´addome il fegato risulta incrementato di volume in oltre la metà dei casi. Talvolta alla palpazione si possono apprezzare in ipocondrio o in epigastrio masse solidali con il fegato.
La sopraelevazione e la ridotta mobilità dell´emidiaframma possono comportare una mancata espansione dei lobi polmonari inferiori, con evidenza all´esame obiettivo di ridotta escursione delle basi polmonari e di riduzione dei rumori respiratori fisiologici. L´ittero, poco frequente, compare praticamente solo in caso di compressione delle vie biliari da parte di una grossa massa ascessuale localizzata sulla superficie inferiore del fegato in corrispondenza dell´ilo epatico.
Una spiccata leucocitosi è presente nel 75% dei casi. Anemia ed ipoalbuminemia compaiono nel 50%. Iperbilirubinemia compare nel 10% dei pazienti con ascesso amebico, ma gli indici di funzionalità epatica appaiono alterati, seppure di poco, almeno nel 25% dei casi. Raramente si assiste ad un aumento significativo delle transaminasi.
I test sierologici per la ricerca di anticorpi contro l´Entamoeba histolytica, eseguiti con la metodica di emoagglutinazione indiretta, fissazione del complemento o gel-diffusione, risultano tutti marcatamente positivi (positività > 98%) in pazienti con ascesso amebico; qualora risultassero negativi, devono far escludere l´origine amebica dell´interessamento epatico. I test di intradermoreazione agli antigeni amebici non si sono rivelati validi dal punto di vista diagnostico.
Gli studi parassitologici finalizzati ad individuare l´Entamoeba histolytica nel pus ascessuale hanno scarso significato, in quanto i trofozoiti non risultano facilmente identificabili nel materiale aspirato dagli ascessi. Tuttavia l´aspirazione di materiale necrotico color cioccolato e privo di batteri, anche nel caso risulti impossibile identificare il parassita nel suo contesto, viene ritenuto sufficiente per la diagnosi di ascesso amebico.
L´esame ecografico e l´esame TC del fegato permettono in genere di rilevare accuratamente la presenza dell´ascesso che però spesso presenta caratteristiche indistinguibili da quelle di un ascesso da piogeni o di una metastasi colliquata; la positività di test sierologici e la rapida risposta alla terapia medica con metronidazolo confermeranno il sospetto diagnostico.
La scintigrafia con tecnezio o con gallio, pur consentendo di rilevare la presenza di lesioni intraparenchimali ipocaptanti, non è specifica per l´ascesso amebico.
In caso di sospetto diagnostico la ricerca del parassita nelle feci andrebbe eseguita più volte, dato l´elevato numero di falsi negativi, possibilmente dopo somministrazione di catartici salini.
Le complicanze dell´ascesso amebico sono frequentemente letali. Se non trattato l´ascesso continua ad estendersi concentricamente, in virtù della scarsa reazione circostante, fino a raggiungere la superficie del fegato ed a rompersi nella cavità peritoneale, oppure estendersi per contiguità agli organi vicini. Le complicanze più frequenti sono quelle pleuropolmonari, e conseguono alla rottura transdiaframmatica dell´ascesso all´interno del cavo pleurico o addirittura dell´albero bronchiale. La rottura dell´ascesso amebico nel peritoneo, che avviene più frequentemente nel caso di ascessi del lobo sinistro date le ridotte dimensioni di esso, si instaura di solito acutamente, con comparsa di addome acuto e shock.
Gli ascessi amebici cerebrali, singoli o multipli, insorgono in seguito alla diffusione ematogena del parassita a partire da un ascesso epatico. Si tratta di una complicanza gravata da altissima mortalità e priva di segni e sintomi distintivi. I segni di ipertensione endocranica o di lesioni neurologiche focali in un paziente con sospetta amebiasi devono far temere subito lo sviluppo di tale drammatica complicanza.
Terapia: Il trattamento dell´ascesso amebico verte sostanzialmente su tre principi:
• utilizzo di farmaci amebicidi in ogni caso di sospetto ascesso amebico prima di ricorrere a qualsiasi manovra invasiva;
• in caso si renda necessaria l´evacuazione dell´ascesso, il drenaggio "chiuso", tramite l´aspirazione del contenuto, rappresenta la procedura di elezione;
• il drenaggio "aperto" va riservato ai casi di superinfezione batterica dell´ascesso.