Il 50-70% delle cisti da echinococco nell´uomo si localizza a livello epatico.
A causa del ciclo di vita del parassita la malattia è più comune in nazioni i cui abitanti sono dediti alla pastorizia: Australia, Argentina, Iran e Grecia, Italia, Francia e Spagna tra le nazioni europee. In Italia la malattia è endemica in Sardegna, Sicilia, Campania e Puglia.
Il parassita esiste in due forme distinte a seconda dell´ospite in cui si annida. L´ospite primario appartiene generalmente alla razza canina (cani, lupi, volpi). Nel cane il parassita ha la forma di un cestode di 4-6 mm di lunghezza, con 4-5 segmenti al di sotto della testa. La testa si annida nella parete dell´intestino mentre la coda gravida sporge nel lume intestinale. Quando gli embrioni vengono eliminati con le feci, essi possono contaminare l´erba e la terra infettando i ruminanti (pecore, mucche) qualora vengano ingeriti durante il pascolo; questi animali costituiscono i cosiddetti ospiti intermedi. Un cane che si cibi di visceri di animali infetti ristabilisce il ciclo di vita dell´echinococco.
L´uomo costituisce un ospite intermedio occasionale qualora contragga la malattia tramite il contatto con cani infetti o feci di animali infetti. Le mani sporche portate alla bocca consentiranno al parassita di penetrare nell´intestino dell´uomo. I succhi gastrici e pancreatici sciolgono la membrana esterna dell´embrione che diviene attivo e penetra la parete dello stomaco e dell´intestino. Il parassita raggiunge quindi il circolo portale ed il distretto capillare epatico, dove dà luogo ad una reazione infiammatoria con richiamo di cellule mononucleate ed eosinofili. La maggior parte dei parassiti viene distrutta, ma gli elementi che sopravvivono danno luogo immancabilmente alla formazione delle cisti.
La cisti idatidea è circoscritta da una parete costituita da tre strati concentrici.

• Lo strato periferico, detto pericistio, è una membrana fibrosa costituita dalla proliferazione di fibroblasti del fegato e contenente cellule giganti, macrofagi ed eosinofili. Esso rappresenta la risposta infiammatoria del fegato alla presenza del parassita.
• Lo strato intermedio, o membrana chitinosa, è costituito dalla deposizione di materiale amorfo prodotto dal parassita e disposto in una struttura lamellare concentrica, facilmente disseccabile.
• Lo strato interno, o germinativo, è rappresentato da un unico strato di cellule parassitarie, costituenti la cosiddetta membrana proligera. Dalla proliferazione di questi elementi nucleati si originano proiezioni digitiformi, che vanno incontro a successiva cavitazione. All´interno delle vescicole proligere che così si costituiscono avviene lo sviluppo degli scolici del parassita.

Le vescicole proligere si rompono nel lume della cisti, riversando in essa gli scolici maturi, i quali, insieme ai residui delle cisti proligere, vanno a costituire sul fondo della cisti un precipitato di aspetto sabbioso (sabbia idatidea). Il distacco dalla membrana proligera di frammenti dell´epitelio germinativo, che vanno poi incontro a proliferazione, comporta la formazione di cisti figlie endogene, fluttuanti nel lume della cisti principale.
L´aumento di volume dell´idatide può comportare lo stiramento e l´assottigliamento del pericistio, così da rendere possibile la protrusione della membrana chitinosa e dell´epitelio germinale, e la formazione di cisti figlie esogene.
Il liquido idatideo contenuto nella cisti è limpido ed incolore. In caso di morte del parassita esso diviene però denso e poltaceo.
Nel caso di infezione da echinococco granuloso i meccanismi di difesa dell´organismo appaiono in grado di contrastare piuttosto efficacemente la crescita del parassita, e lo sviluppo delle cisti è lento. In alcuni casi lo sviluppo si arresta in seguito alla morte del parassita ed alla successiva calcificazione della parete della cisti; ciò si verifica frequentemente in conseguenza di necrosi asettica o di superinfezione batterica della cisti, cui segue il distacco degli strati più interni dal pericistio, la scomparsa dell´epitelio germinativo e la deposizione di sali di calcio nella membrana chitinosa. Le cisti da echinococco granuloso hanno uno sviluppo graduale e progressivo, e possono raggiungere dimensioni cospicue (25 cm).
All´infezione da echinococco multiloculare, più diffusa nelle regioni centroeuropee, consegue la formazione di cisti multiple tendenti ad invadere il parenchima epatico e ad erodere l´albero biliare ed i vasi sanguigni, tramite i quali può diffondere anche a distanza.
Il coinvolgimento dei dotti biliari può comportare la frequente insorgenza di ittero. Le cisti, dal contenuto gelatinoso, sono di diametro modesto e la reazione fibroblastica circostante è estremamente povera. La progressione della malattia è nettamente più rapida di quella dell´echinococco granuloso.
Diagnosi clinica e strumentale: il 25% dei pazienti è asintomatico. Talvolta l´idatide è palpabile direttamente in ipocondrio destro. Più spesso però la cisti si sviluppa spingendo verso il basso il fegato, il cui margine deborda dall´arcata costale.
I pazienti riferiscono dolore persistente e sensazione di peso in ipocondrio destro o alla porzione inferiore dell´emitorace destro. In una piccola percentuale di pazienti la malattia esordisce con sintomatologia allergica: prurito generalizzato, rush orticarioide, episodi di asma bronchiale, shock anafilattico conseguente alla rottura accidentale della cisti. L´ittero è raro in assenza di complicanze. Il sospetto di idatidosi può essere formulato in base all´anamnesi ed alla provenienza geografica del paziente, e nel caso di riscontro di due o più cisti epatiche.
L´intradermoreazione di Casoni è attualmente considerata un esame superato, ed il riscontro di eosinofilia si ha solo nel 40% dei soggetti; la diagnosi strumentale viene quindi suffragata con l´esecuzione di test sierologici specifici (ELISA, RAST), che possono però risultare negativi se il parassita è morto. Una radiografia diretta dell´addome può evidenziare la presenza di calcificazioni a contorni circolari che si proiettano a livello dell´aia epatica nel caso di cisti di vecchia data a parete calcifica.
L´aspetto all´ecografia ed alla TC delle cisti da echinococco è variabile (Fig. 11.23): le cisti di recente formazione possono risultare del tutto simili alle cisti epatiche semplici, mentre quelle di più vecchia origine presentano modificazioni nello spessore della parete, che può assumere un aspetto pluristratificato o divenire calcifica, e mostrano frequentemente la presenza di cisti figlie endogene o esogene e di sabbia idatidea.
All´esame TC le cisti idatidee non captano il contrasto iodato e mostrano quindi densità invariata nelle scansioni eseguite prima e dopo l´iniezione del contrasto.
Nel sospetto di malattia attribuibile all´echinococco multiloculare va eseguita anche un´angiografia, al fine di evidenziare eventuali coinvolgimenti della rete vasale epatica.
Complicanze: la presenza di cisti idatidee epatiche può esporre il paziente al rischio di diverse complicanze.
In seguito a traumi toraco-addominali, le cisti, soprattutto quelle adiacenti alla superficie del fegato, possono rompersi direttamente nella cavità peritoneale, causando gravi reazioni anafilattiche e la disseminazione della malattia all´intera cavità sierosa.
Analoghi effetti possono conseguire allo spandimento di liquido idatideo in corso di laparotomia o di puntura esplorativa della cisti.
Alcune cisti localizzate nei segmenti epatici adesi al diaframma possono erodere la struttura muscolare e la pleura, obliterata in seguito alla reazione infiammatoria, e rompersi all´interno di un bronco; a ciò fa seguito costantemente la formazione di una fistola broncobiliare. Più frequente però è la rottura della cisti nell´albero biliare, segnalata dalla comparsa di colica biliare ed ittero colestatico e frequentemente seguita dallo sviluppo di colangite. In seguito si verifica spesso la colonizzazione batterica della cisti, con formazione di un ascesso epatico.
La rottura della cisti e la colonizzazione batterica si accompagnano in genere alla morte del parassita. Nei pazienti affetti da idatidosi può svilupparsi glomerulonefrite, conseguente alla deposizione di antigeni idatidei a livello renale.
Terapia: il trattamento delle cisti epatiche da echinococco varia a seconda dei casi. Cisti piccole e profondamente indovate nel parenchima del fegato richiedono in genere un atteggiamento conservativo. Anche le cisti calcificate non richiedono l´intervento chirurgico se non sintomatiche, perché considerate non attive. Il trattamento medico con farmaci benzimidazolici (mebendazolo, albendazolo, flubendazolo) ad alte dosi si è dimostrato discretamente efficace nell´indurre un miglioramento clinico, contenendo lo sviluppo numerico e dimensionale delle cisti. L´intervento chirurgico appare necessario per le cisti in posizione sottocapsulare o molto voluminose, esposte ad un maggior rischio di complicanze, ed in pazienti giovani in buone condizioni generali.