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mercoledì 30 maggio 2012


Morbillo

Il morbillo è una malattia esantematica, acuta, altamente contagiosa, che si manifesta con tosse, coriza, febbre e con una eruzione maculo-papulosa che compare alcuni giorni dopo l’inizio della sintomatologia. Nella maggior parte dei casi l’evoluzione è rapida e con prognosi favorevole.
Tuttavia, non sono rare le complicanze, anche gravi, a carico dell’apparato respiratorio e del sistema nervoso centrale. La malattia è causata da un virus di cui si conosce un unico tipo antigenico.
Il virus del morbillo appartiene al genere Morbillivirus della famiglia Paramyxoviridae.
RNA a spirale singola, Ag strutturali H (emoagglutinina) e F (fusione) di natura glicoproteica, responsabili dell’adesione e della fusione del virus ai recettori della membrana cellulare e della penetrazione nella cellula ospite. E’ un virus notevolmente labile ed assai sensibile ai comuni disinfettanti fisici e chimici; è anche rapidamente inattivato da radiazioni ultraviolette e visibili.
L’uomo è l’ospite naturale, anche se possono essere infettati diversi primati che vanno incontro, peraltro, a forme morbose più attenuate e che non costituiscono un serbatoio naturale di infezione.
Il virus del morbillo penetra per via aerea e congiuntivale. Dopo essersi moltiplicato a livello delle mucose, esso arriva, tramite i linfonodi satelliti e la via linfatica, al torrente circolatorio.
La prima viremia è del tutto fugace e distribuisce il virus alle cellule del sistema reticolo-endoteliale. Dopo moltiplicazione all’interno di tali cellule le nuove progenie virali vengono liberate nel sangue. Si ha così la seconda, più intensa e prolungata, viremia, che corrisponde al periodo di invasione e termina all’apparire dell’esantema o al massimo 24-48 ore dopo.
In tale periodo il virus viene eliminato per via respiratoria e congiuntivale e si ritrova frequentemente nelle urine. Il rash compare contemporaneamente agli anticorpi specifici.
Il periodo di incubazione va da 8 a 14 giorni.
La sintomatologia clinica evolve in due fasi : quella di invasione e quella esantematica
- Il periodo di invasione dura nella maggior parte dei casi 3-4 giorni, ma può andare da 1 a 10 giorni. E’ caratterizzato da febbre alta, rinite, faringite e congiuntivite. Circa 24 ore prima dell’insorgenza dell’esantema compaiono le cosiddette macchie di Koplik, punti bianco-grigiastri della grandezza di granelli di sabbia circondati da un alone rosso, nella maggior parte dei casi sulla mucosa delle guance di fronte ai molari inferiori, ma a volte diffuse sull’intera mucosa delle guance e sulle gengive.
- L’esantema maculo-papuloso, di colore dal rosso chiaro al rosso vinoso, inizia dalle regioni retroauricolari e si diffonde in 2-3 giorni alla faccia, al collo, al tronco e agli arti.
E’ preceduto di regola da una parziale remissione della temperatura febbrile e coincide con una nuova elevazione (39-40°C). Nei casi non complicati, verso la quarta giornata dal suo inizio, l’esantema comincia a impallidire seguendo l’ordine di insorgenza.
Contemporaneamente inizia un rapido miglioramento delle condizioni generali e della flogosi respiratoria e congiuntivale. Alla scomparsa dell’esantema residua una desquamazione fine, furfuracea che di norma risparmia il palmo delle mani e le piante dei piedi.
Il morbillo può avere un decorso grave specie in bambini piccoli e convalescenti da altre malattie, con precoce e grave interessamento delle vie respiratorie o con grave iperpiressia; in questi casi l’esito è frequentemente letale.
Complicanze broncopneumoniche, direttamente provocate dal virus morbilloso (polmonite a cellule giganti) o da sovrainfezione batterica, sono frequenti (38-73 casi su 1000) e temibili specie nei primi 2 anni di vita. Pure frequente risulta l’otite media (26-89 casi su 1000).
Meno frequente è l’encefalite acuta (1 caso su 1000-2000) che insorge durante l’acme o alla fine del periodo esantematico e si presenta con decorso da mite a molto grave, nel qual caso la letalità è elevata, del 20-25% e lascia lesioni permanenti in oltre un terzo di coloro che sopravvivono.
Ancora meno frequente, ma estremamete grave è una seconda forma di encefalite, la panencefalite sclerosante subacuta (0,5-3 casi su 1 milione), che inizia diversi anni (in media 7) dopo la malattia morbillosa ed è caratterizzata dalla perdita progressiva e inarrestabile delle funzioni mentali e motorie ed evolve invariabilmente verso la morte.
La sintomatologia clinica del morbillo è notevolmente tipica e la diagnosi su tale base è confortata nella maggior parte dei casi da criteri epidemiologici.
Quando tuttavia sia opportuno avere riscontri di laboratorio si può procedere con l’isolamento e l’identificazione del virus in colture primarie di rene umano o di rene di scimmia o con la dimostrazione di una significativa conversione sierologica mediante la ricerca delle IgM specifiche ed il dosaggio delle IgG in due campioni di siero prelevati successivamente.
Epidemiologia
Le sole sorgenti di infezione sono rappresentate dai malati che eliminano il virus nella fase di invasione e, a volte, nelle prime 24-48 ore del periodo esantematico.
Non si conoscono portatori sani, convalescenti o cronici, né serbatoi animali del virus.
La trasmissione avviene fondamentalmente per via aerea.
La contagiosità della malattia è molto elevata : in ambiente familiare o in comunità chiuse, i casi secondari all’introduzione del primo interessano dal 90 al 99% dei recettivi.
Dopo la malattia residua una immunità permanente.
In Italia, prima della vaccinazione estensiva, venivano notificati da 20.000 a 90.000 casi di morbillo l’anno contro i 500.000 che mediamente si verificavano in realtà. Un picco epidemico con 18.020 casi notificati si è avuto nel 2002. Nel 2005 vi è stato il più basso numero di notifiche con soli 108 casi (anche se i dati derivanti dalle notifiche soffrono di una forte sottostima).
Attualmente l’incidenza è in progressiva diminuzione in conseguenza dell’aumento della copertura vaccinale dei nuovi nati, anche se recrudescenze epidemiche si verificano tra i non vaccinati.
In assenza di larga copertura vaccinale, il maggior numero dei casi si manifesta nel gruppo di età 3-10 anni.
Episodi epidemici compaiono ogni anno, ma ogni 2-4 anni si manifestano esacerbazioni epidemiche o grandi epidemie in rapporto al fatto che in tali intervalli si accumulano più elevati numeri di recettivi.
La letalità del morbillo nei paesi industrializzati è modesta, da 0,1 a 1 per 10.000 casi di malattia; nei paesi in via di sviluppo raggiunge valori anche 100 volte superiori.
Prevenzione
La prevenzione del morbillo consiste essenzialmente nella vaccinazione. Il vaccino determina una immunità di lunga durata. L’eradicazione è possibile perché il virus del morbillo è antigenicamente stabile, si trasmette solo per contagio interumano e non ha serbatoi animali.
Il vaccino è costituito da virus del morbillo vivi ed attenuati.
Esso è combinato con i vaccini contro la parotite e la rosolia (vaccino trivalente MPR) e contro la varicella (vaccino tetravalente MPR-VZ), da somministrare per via sottocutanea preferibilmente attorno al 15° mese per avere una buona risposta immunitaria; una seconda dose di vaccino combinato va somministrata a 5-6 anni di età per il recupero dei bambini che non si sono immunizzati.
Le reazioni secondarie sono di lieve entità e di breve durata : febbre della durata di 1-2 giorni nel 5-15% dei vaccinati, congiuntivite e rash lievissimo e fugace in circa il 5%.
Quando la vaccinazione viene correttamente applicata al 15° mese di vita più del 95% dei vaccinati sviluppa anticorpi protettivi.
Somministrando il vaccino più precocemente esiste la possibilità che una residua immunità di origine materna ne impedisca l’attecchimento.
Nei vaccinati, a distanza di tempo dalla vaccinazione, sono possibili reinfezioni che però decorrono in forma asintomatica e si traducono in un rinforzo dell’immunità.
Anche in assenza di reinfezioni, tuttavia, l’immunità testimoniata dalla persistenza di anticorpi, sia pure a titoli più bassi di quelli conseguenti a malattia, sembra durare almeno 15 anni.
Le poche controindicazioni alla vaccinazione sono quelle consuete quando si somministrano virus vivi e sono costituite da infezioni acute, gravidanza, deficit dell’immunità cellulo-mediata, trattamenti immunosoppressivi, leucemia in fase acuta.
L’uso di vaccini trivalenti contro morbillo, parotite e rosolia (MPR) e di vaccini tetravalenti comprendenti anche il virus attenuato della varicella-zoster consente di attuare efficaci strategie per la prevenzione contemporanea di queste malattie.
Esse devono mirare ad ottenere la copertura immunitaria di almeno il 95% della popolazione, così da creare una “immunità di massa” sufficiente ad impedire la circolazione degli agenti virali e quindi a determinare l’estinzione nella popolazione con conseguente protezione anche dei non vaccinati.
Profilassi immunitaria passiva: ai bambini non vaccinati e con anamnesi negativa che siano stati in contatto con ammalati di morbillo è utile somministrare immunoglobuline normali (0,25 ml/Kg di peso corporeo) o antimorbillo (125-250 UI) entro il 5° giorno dal contatto.
è possibile anche attenuare il decorso clinico della malattia nella maggior parte dei casi con la somministrazione di dosi ridotte di immunoglobuline (0,04 ml/Kg di peso).

venerdì 25 maggio 2012


Infezioni da Legionella

Famiglia delle legionellaceae, genere legionella. Le specie di L. pneumophila includono almeno 14 sierogruppi; i sierogruppi 1,4 e 6 sono frequentemente implicati nelle infezioni umane.
Sono bacilli Gram negativi aerobi
L’ambiente naturale per L. pneumophila è l’acqua, inclusi i laghi e i corsi d’acqua, serbatoi d’acqua costruiti dall’uomo (es. sistemi di distribuzione dell’acqua, impianti di condizionamento).
Fattori che possono facilitare la colonizzazione e la moltiplicazione delle legionelle includono le temperature elevate (25-42°C), la stagnazione, la presenza di depositi e di sedimenti.
Le modalità di trasmissione di Legionella all’uomo sono varie: aerosol, aspirazione (bere acqua contaminata) e instillazione diretta durante manovre invasive.
Prevenzione : disinfezione delle riserve idriche (surriscaldamento, ionizzazione con rame-argento).
Clinica:
- Febbre di Pontiac
Si tratta di una malattia acuta, a risoluzione spontanea, simil-influenzale, con periodo di incubazione di 24-48 ore.
Febbre, malessere generale, cefalea, astenia, e mialgie sono i sintomi più frequenti. Altri sintomi includono tosse, nausea, dolori addominali, diarrea, artralgie.
Una guarigione completa si realizza nel giro di pochi giorni senza alcuna terapia antibiotica.
- Malattia (polmonite) dei legionari
Periodo di incubazione di 2-10 giorni.
I sintomi e i segni clinici possono variare da una tosse moderata con febbre non elevata a uno stato stuporoso con infiltrati polmonari diffusi e scompenso a carico di più organi.
Sintomi non specifici come febbre, malessere, astenia, anoressia e cefalea sono rilevabili nelle fasi precoci di malattia.
Sintomi a carico dell’apparato gastrointestinale sono spesso evidenti : dolori addominali, nausea, vomito, diarrea
Diagnosi
- Esame microscopico diretto con colorazione di Gram
- Test di immunofluorescenza diretta
- Coltura
- Ricerca degli anticorpi : sieri prelevati sia in fase acuta che in convalescenza; un incremento del titolo di 4 volte è ritenuto diagnostico
- Ricerca di antigeni : saggio per la ricerca dell’antigene solubile di Legionella nelle urine
- PCR.

domenica 20 maggio 2012


Infezioni da Coronavirus e SARS

E’ stato calcolato che 2/3 dei casi di malattie respiratorie acute sono causate da virus.
Più di 200 virus antigenicamente distinti fra di loro e appartenenti a 9 diversi generi sono stati segnalati come responsabili. La quota maggiore si registra nei bambini fino a 6 anni.
La morbilità secondaria a queste infezioni è causa della perdita del 30-50% del tempo lavorativo degli adulti e del 60-80% del tempo scolastico dei bambini.
Le malattie causate dai virus respiratori sono suddivise in numerose sindromi, quali il “raffreddore comune”, la faringite,, la laringo-tracheobronchite o “croup”, la tracheite, la bronchite, la bronchiolite e la polmonite.
I coronavirus sono virus a singolo filamento di RNA. Sono causa di infezioni a carico dell’uomo appartengono ai gruppi 1, 2. Il gruppo 3 non causa infezioni nell’uomo.
Il coronavirus associato alla SARS (SARS-CoV) sembra appartenere a un nuovo e distinto gruppo. A tutt’oggi, i ceppi di SARS-CoV che sono stati completamente sequenziati mostrano solo minime variazioni.
L’epidemia della malattia associata a coronavirus, nota come SARS, è apparentemente iniziata nella provincia cinese del Guangdong nel novembre 2002 e sembra essersi originata dal contatto tra uomo e animali semidomestici quali lo zibetto e il procione.
Tali animali sono commercializzati come prelibatezze in tali aree e ospitano coronavirus affini al SARS-CoV.
Tra il 16 novembre 2002 w il 28 febbraio 2003, sono stati notificati in Guangdong 792 casi di probabile SARS. Un medico di Guangdong recatosi a Hong Kong per far visita ai familiari 5 giorni dopo l’insorgenza della patologia è stato identificato come colui che ha introdotto l’infezione a Hong Kong.
Quasi contemporaneamente venivano segnalati casi a Singapore, in Thailandia, in Vietnam e a Toronto, inizialmente in viaggiatori provenienti da Hong Kong o da Guangdong.
In conclusione, 8.422 casi sono stati identificati dall’OMS in 28 Paesi di Asia, Europa e Nord America, sebbene circa il 90% di essi si siano comunque verificati in Cina e a Hong Kong.
Il tasso di letalità è stato variabile nell’ambito del fenomeno epidemico, con un valore medio intorno all’11%.
I meccanismi di trasmissione della SARS non sono completamente noti.
Alcune casistiche suggeriscono che la diffusione possa verificarsi per aerosol dia di piccole sia di grosse particelle e forse anche per via fecale-orale.
La patogenesi della SARS è quella di una malattia sistemica con infezione delle cellule del tratto respiratorio, ma con virus identificabile anche nel sangue, nelle urine e nelle feci (fino a 2 mesi).
Il virus persiste nel tratto respiratorio per 2-3 settimane, con concentrazione massima a circa 10 giorni dall’esordio dei sintomi sistemici.
Dopo un periodo di incubazione che generalmente dura da 2 a 7 giorni (intervallo : 1-10 giorni), la SARS generalmente esordisce come malattia sistemica caratterizzata da febbre, spesso accompagnata da malessere, cefalea e mialgie, cui seguono dopo 1-2 giorni tosse non produttiva e dispnea. Circa il 25% dei pazienti presenta diarrea.
Nei casi gravi la funzione respiratoria può peggiorare durante la seconda settimana di malattia e progredire fino a un quadro di franca sindrome da distress respiratorio dell’adulto (ARDS), accompagnata da insufficienza multiorgano.
Fattori di rischio per la progressione sfavorevole della malattia sono un’età superiore a 50 anni e comorbilità (malattie cardiovascolari, diabete, epatite), mentre l’infezione sembra essere più mite nei bambini.
Diagnosi: colture, PCR con trascrittasi inversa (RT-PCR) su campioni del tratto respiratorio, sangue, urine, feci, anticorpi sierici
Le terapie di supporto per mantenere la funzione respiratoria e di altri organi sono il cardine del trattamento.
Prevenzione
Sono state effettuate restrizioni dei viaggi e imposte misure di quarantena in alcune zone
tutte le restrizioni ai viaggi sono state sospese dopo 30 giorni (tre volte il periodo di incubazione stimato per la SARS) dall’ultima notifica di un nuovo caso (febbraio 2004).
Non si sa se e quando la SARS possa riemergere.

martedì 15 maggio 2012


Vaiolo

Il vaiolo è la prima malattia infettiva la cui eradicazione è stata ottenuta con la prevenzione vaccinale applicata su scala mondiale.
Nel 1979 l’OMS dichiarava ufficialmente l’eradicazione della malattia nel mondo e procedeva alla distruzione dei campioni di virus del vaiolo conservati nei laboratori, ad eccezione di due (Atlanta e Mosca).
Il vaiolo era una malattia con frequenti riaccensioni epidemiche spesso a carattere pandemico.
Il virus del vaiolo appartiene al gruppo dei Poxvirus.
L’nfezione avveniva attraverso le mucose delle vie respiratorie ed orale e la via cutanea, per contatto con le secrezioni respiratorie e con le lesioni cutanee del malato o mediante materiale e oggetti contaminati.
Il virus si diffondeva per via linfatica fino a raggiungere il circolo ematico, provocando una viremia intensa. Dopo un periodo di incubazione di 10-14 giorni, la malattia iniziava con una fase preeruttiva clinicamente non differenziabile da altre infezioni acute, cui faceva seguito, dopo 2-4 giorni, il periodo eruttivo con la comparsa del classico esantema vaioloso.
Questo si manifestava dapprima sulla faccia, quindi sul corpo e sugli arti, passando attraverso gli stadi successivi di macula, papula, vescicola, pustola che comparivano ed evolvevano simultaneamente. La guarigione avveniva con la formazione e la caduta delle croste alla fine della 3°-4° settimana.
La letalità media nei soggetti non vaccinati era del 15-40%.
L’uomo era l’unico serbatoio d’infezione; non esisteva lo stato di portatore sano.
La prevenzione consisteva principalmente nell’impiego della vaccinoprofilassi.
La vaccinazione veniva praticata con virus vivo inoculato per scarificazione con ago a due punte sulla cute all’altezza del deltoide. La reazione vaccinale era locale e consisteva nella comparsa dopo una settimana circa di una vescicola che spesso evolveva in pustola, con formazione quindi della crosta e caduta con esito cicatriziale permanente.
Le complicanze erano rappresentate dalla vaccinia generalizzata (lesioni cutanee multiple e diffuse), dall’eczema vaccinico e dall’encefalite, spesso mortale, che si manifestava in media ogni 70.000-200.000 somministrazioni di vaccino.

giovedì 10 maggio 2012


Poliomielite

La poliomielite è una malattia infettiva acuta e contagiosa che nella manifestazione clinica tipica si presenta con paralisi flaccide asimmetriche, più spesso ad un arto inferiore.
Per lungo tempo essa è stata diffusa in tutto il mondo causando morte ed invalidità soprattutto fra i bambini, tanto da essere comunemente denominata “paralisi infantile”. Grazie alla vaccinazione di massa nella prima infanzia, l’infezione è oggi eradicata in Europa, nelle Americhe, in Australia e nel Sud-Est Asiatico, mentre resta ancora endemica in alcune zone dell’Asia e dell’Africa.
I virus poliomielitici, poliovirus, fanno parte degli enterovirus e sono suddivisi in tre tipi sierologici in base alle diverse caratteristiche antigeniche : tipo 1, tipo 2, tipo 3.
Essi sono patogeni esclusivi dell’uomo e solo in condizioni sperimentali possono infettare lo scimpanzè ed altri primati. Pertanto, non esistono in natura serbatoi animali di poliovirus.
Ciò costituisce un vantaggio ai fini della strategia di eradicazione globale basata sulla vaccinazione estesa a tutta la popolazione mondiale.
I poliovirus penetrano nell’organismo per via orale e si moltiplicano nelle formazioni linfatiche del faringe e dell’intestino tenue : anello di Waldeier (tonsille e adenoidi) e placche di Peyer.
Da qui possono raggiungere i linfonodi satelliti ed invadere il circolo sanguigno.
Abitualmente, l’infezione si blocca a livello della mucosa o del sistema reticolo-endoteliale.
In alcuni casi i poliovirus possono superare la barriera emato-encefalica e raggiungere le meningi ed il tessuto nervoso centrale, in cui si localizzano di preferenza a livello delle corna anteriori del midollo spinale o a livello bulbare.
Nella fase acuta, la sintomatologia paralitica è determinata sia dall’effetto citopatico conseguente alla moltiplicazione all’interno delle cellule nervose sia dall’edema infiammatorio.
L’effetto citopatico dà luogo alla degenerazione dei motoneuroni, con conseguente paralisi flaccida irreversibile dei muscoli da essi innervati. L’edema infiammatorio determina sofferenza dei filamenti nervosi per compressione, che cessa al regredire dello stato edematoso sicchè si può avere un recupero parziale delle paralisi e delle altre funzioni nervose.
A seconda del livello di estensione dell’infezione (dall’epitelio delle mucose al tessuto linfatico, alle meningi ed al sistema nervoso centrale), si possono avere diverse manifestazioni cliniche:
- infezione asintomatica
- affezione febbrile con sintomi infiammatori a carico del faringe o con diarrea
- meningite a liquor limpido, con rapida evoluzione verso la guarigione
- malattia paralitica, con paralisi flaccide agli arti, nelle forme spinali, o ad altri distretti muscolari, fra cui i muscoli respiratori, nelle forme bulbari e bulbo-spinali in cui gli esiti sono particolarmente gravi e con elevata letalità
Diagnosi
Tutti i casi di paralisi flaccide devono essere segnalate immediatamente al servizio di igiene ed epidemiologia delle aziende sanitarie locali per accertare se sono determinate da poliovirus o da altre cause. L’accurata e tempestiva segnalazione è di fondamentale importanza ai fini della sorveglianza epidemiologica nell’attuale fase di eradicazione dell’infezione nel nostro paese, per individuare eventuali virus importati da paesi con endemia residua e impedirne la diffusione nella nostra popolazione.
Gli accertamenti di laboratorio più importanti consistono nella ricerca dei tre poliovirus nelle secrezioni delle prime vie aeree e nelle feci.
A tal fine vanno prelevati almeno due, e possibilmente più di due, campioni di essudato faringeo mediante tamponi sterili ed altrettanti campioni di feci.
Vanno effettuati anche prelievi di sangue in fase acuta e durante la convalescenza per la titolazione degli anticorpi sierici.
Epidemiologia
I poliovirus sono patogeni esclusivi dell’uomo e, pertanto, la loro trasmissione è interumana.
Sorgenti di infezione sono i malati e, soprattutto, i portatori. La porta di ingresso dei virus è attraverso la bocca e le prime vie aeree, mentre l’espulsione nell’ambiente avviene con le feci e con le secrezioni faringee.
Pertanto, la trasmissione dell’infezione avviene sia per via fecale-orale sia per via aerea.
L’espulsione dei virus inizia durante il periodo di incubazione e persiste per circa una settimana dopo l’inizio della sintomatologia con le secrezioni faringee e per diverse settimane, talvolta alcuni mesi, con le feci.
La possibilità di trasmissione dei virus è molto alta, specialmente in ambienti affollati ed in condizioni di basso livello igienico.
Il periodo di incubazione nelle forme non paralitiche è di 3-6 gioni, mentre nelle forme paralitiche è di 7-21 gioni prima dell’inizio della paralisi.
In popolazioni con basso livello igienico-sanitario ed in assenza di vaccinazione, l’infezione avviene nei primi anni di vita per l’intensa circolazione dei virus.
Nei paesi con elevato standard di igiene, l’infezione tendeva a spostarsi verso le età successive per il progressivo diradamento della circolazione dei virus.
Il rischio di paralisi varia in rapporto all’età di infezione : nei primi anni di vita è di 1 caso di paralisi ogni 1.000-2.000 casi di infezione, mentre negli adulti è di 1/75.
Prima della vaccinazione estesa a tutti i nuovi nati, ogni anno in Italia si registravano da 3.000 a 8.000 casi di poliomielite paralitica.
Dopo l’introduzione, nel 1964, della vaccinazione con il vaccino vivo attenuato di Sabin, il numero di casi si è rapidamente ridotto e gli ultimi due casi autoctoni sono stati registrati nel 1982, mentre l’ultimo caso di importazione si è avuto nel 1988.
Anche a livello mondiale il programma di vaccinazione estensiva elaborato dall’OMS per l’eradicazione planetaria della poliomielite ha dato risultati straordinari.
Nel 2006 la poliomielite era ancora endemica in soli quattro paesi (Nigeria, India, Afghanistan, Pakistan).
Prevenzione
La strategia vincente contro la poliomielite è stata la vaccinazione di massa estesa a tutta la popolazione mondiale.
In Italia, dichiarata esente da poliomielite nel 2002, la vaccinazione antipolio con il vaccino a virus vivi attenuati di Sabin fu iniziata nel 1964 e fu resa obbligatoria nel 1966 per tutti i nuovi nati.
Dal 2002, il vaccino di Sabin è stato sostituito con il vaccino a virus uccisi di Salk.
Il vaccino di Sabin è costituito da virus di tipo 1, di tipo 2 e di tipo 3 che sono stati attenuati mediante ripetuti passaggi e selezioni in colture cellulari, in modo da ottenere dei mutanti privi di neurotropismo e, dunque, incapaci di arrivare al sistema nervoso centrale e di provocare le lesioni responsabili delle paralisi.
Essi si somministrano per via orale e, come i poliovirus selvaggi, si riproducono nei tessuti linfatici della mucosa del faringe (anello di Waldeier), della mucosa intestinale (placche di Peyer) e nei linfonodi satelliti, stimolando una immunità di lunga durata sia a livello mucosale si generale per la produzione di anticorpi circolanti.
Il vaccino vivo orale di Sabin (indicato con l’acronimo OPV da Oral Poliovirus Vaccine) è stato adottato inizialmente in Italia, come in molti altri paesi, sia per la facilità di somministrazione sia per la sua elevata efficacia nell’interrompere la circolazione dei virus selvaggi.
La somministrazione orale, infatti, riscuote il gradimento dei bambini e dei genitori, mentre l’immunità mucosale impedisce l’attecchimento di virus selvaggi nel faringe e nell’intestino, sicchè i bambini vaccinati sono protetti non solo dalla malattia ma anche dall’infezione e costituiscono una barriera alla diffusione dei poliovirus.
La scheda di vaccinazione in Italia prevedeva la somministrazione orale di quattro dosi di vaccino trivalente (virus vivi attenuati dei tipi sierologici 1,2 e 3), contemporaneamente all’inoculazione parenterale degli altri vaccini obbligatori, al terzo mese, al quarto-quinto mese, al decimo-dodicesimo mese ed al terzo anno di vita.
Eccezionalmente, l’OPV può causare paralisi flaccide per il recupero della neuropatogenicità; benchè siano, questi, eventi estremamente rari, che si verificano in 1 caso ogni 2.400.000 dosi somministrate, sono diventati inaccettabili dopo che vi è stata la certezza della scomparsa dei poliovirus selvaggi dal nostro paese, sicchè nel 2002 l’OPV è stato sostituito con il vaccino a virus inattivati (uccisi) di Salk.
Il vaccino di Salk è costituito da virus di tipo 1, di tipo 2 e di tipo 3 inattivati (uccisi) con formalina. Esso è del tutto privo di effetti indesiderati e conferisce una buona protezione, anche se è molto meno efficace dell’OPV nel conferire l’immunità mucosale, sicchè la persona vaccinata è protetta dalla malattia grazie agli anticorpi circolanti ma può contrarre l’infezione a livello delle mucose e può diffondere poliovirus nell’ambiente.
Inoltre, esso deve essere somministrato per via intramuscolare (è indicato con l’acronimo IPV da Intramuscular Poliovirus Vaccine).
L’IPV è combinato con gli altri vaccini dell’infanzia in preparati esavalenti (DTPa-HB-IPV-Hib) che contengono anche il tossoide difterico, il tossoide tetanico, il vaccino antipertosse ad antigeni purificati (tossoide pertussico, emoagglutinina filamentosa, pertactina), l’antigene di superficie del virus dell’epatite B ed il polisaccaride coniugato dell’Haemophilus influenzae di tipo b.
Ovviamente, l’IPV viene somministrato secondo lo stesso calendario previsto per gli altri vaccini con cui è combinato e cioè, al terzo mese, al quarto-quinto mese ed all’undicesimo-dodicesimo mese.
Una dose di richiamo viene praticata nell’età scolare, al quinto-sesto anno di vita, con vaccino tetravalente DTPa-IPV.

sabato 5 maggio 2012


Tetano

Il tetano è una malattia tossi-infettiva, acuta e non contagiosa, determinata dall’accidentale penetrazione nell’organismo, per lo più attraverso lesioni traumatiche, di un bacillo sporigeno ed anaerobio, il Clostridium tetani. Il bacillo rimane localizzato nel punto di penetrazione e la sua azione si esplica esclusivamente attraverso la produzione di una neurotossina assai attiva, responsabile del quadro clinico.
Tra le malattie infettive, il tetano ha una delle letalità più elevate e continua a costituire per molti Paesi un serio problema di sanità pubblica. In Italia soltanto dopo il 1965, con l’avvento della prima fase della vaccinazione obbligatoria, ha segnato un costante regresso.
L’agente eziologico è il Clostridium tetani, bacillo anaerobio obbligato e sporigeno appartenente al genere Clostridium, che fa parte della famiglia delle Bacillaceae. E’ mobile per la presenza di ciglia ed è Gram-positivo. La forma vegetativa vive abitualmente nell’intestino degli animali e dell’uomo ed è scarsamente resistente nell’ambiente.
Al contrario, le spore resistono a lungo nell’ambiente esterno dove possono sopravvivere per anni; resistono anche alla ebollizione prolungata ed ai comuni disinfettanti se impiegati a basse concentrazioni e per tempi brevi.
Sono inattivate dalle alte temperature (autoclave, stufa a secco) e da un prolungato contatto (per molte ore) con formalina, cloro ecc. alle concentrazioni d’uso.
Il bacillo tetanico nella fase vegetativa ha la proprietà di produrre una esotossina (tetanospasmina) che è l’unica responsabile di tutte le manifestazioni della malattia.
L’esotossina tetanica possiede una notevole attività antigenica ed una elevatissima tossicità, inferiore solo a quella della tossina botulinica; ha un tropismo elettivo per il sistema nervoso centrale ed in particolare per le corna anteriori del midollo spinale e i nuclei motori del tronco encefalico, dove viene rapidamente e irreversibilmente fissata.
La tossina tetanica, di cui si conosce un solo tipo antigene, dà luogo alla comparsa di anticorpi antitossici che, è importante ricordare, non superano la barriera ematoencefalica e quindi non neutralizzano la tossina fissata sul tessuto nervoso, ma solo quella che si libera nel focolaio di infezione.
Le spore, penetrate attraverso lesioni anche lievi della cute, restano localizzate nel punto di penetrazione senza diffondersi nell’organismo.
Se sussistono le condizioni per un abbassamento del potenziale di ossido-riduzione (presenza di batteri fortemente aerobi, ferite profonde ed anfrattuose, necrosi tissutali ecc.) le spore germinano dando origine alle forme vegetative. Queste si moltiplicano attivamente senza provocare flogosi locale ed elaborano la tossina, che raggiunge il sistema nervoso centrale con due modalità:
- per via neurale, adsorbendosi alle placche terminali dei nervi motori e risalendo quindi lungo il cilindrasse dei relativi neuroni fino a raggiungere le corna anteriori del midollo spinale
- per via linfoematica
La sua azione si eplica in maniera molto simile a quella della stricnina, bloccando le sinapsi inibitorie, per cui si ha un passaggio ininterrotto di impulsi al motoneurone e, di conseguenza, uno stato di contrazione continua delle fibre muscolari (spasmo muscolare) da esso innervate.
Il periodo di incubazione può presentare variazioni notevoli; per lo più è di 6-15 giorni, ma può variare da 1-2 giorni fino a parecchie settimane; in genere, quanto più breve è il periodo di incubazione, tanto più grave risulta il decorso della malattia.
La sintomatologia inizia di solito senza alcun segno prodromico, con contrattura dolorosa dei muscoli masticatori (trisma) che ben presto si estende ad altri gruppi muscolari del capo (riso sardonico), delle logge vertebrali, degli arti con rigidità diffusa e comparsa frequente di opistotono. La morte può sopraggiungere per asfissia da spasmo dei muscoli respiratori.
A seconda del decorso si distinguono forme acutissime, con manifestazioni già dopo 24-48 ore dalla ferita, febbre elevata e morte dopo alcune ore; forme acute della durata di 1-2 settimane e con esito incerto; forme recidivanti e forme croniche, per lo più con esito favorevole.
La prognosi è sempre grave, la letalità notevolmente alta (40-60%).
Si conoscono diversi tipi di tetano, a seconda dell’evento che ne è all’origine : tetano traumatico, tetano chirurgico, tetano puerperale e post-abortivo (infezione dell’utero durante il parto o in seguito a pratiche abortive).
Il più grave è il tetano neonatale, ancora presente nei paesi in via di sviluppo; esso è dovuto alla contaminazione del cordone ombelicale con spore presenti nell’ambiente, si manifesta nel neonato dopo 7-8 giorni dalla nascita ed ha una letalità molto elevata.
In alcune zone degli Stati Uniti è stata descritta una forma clinica particolare, il tetano del lattante, con manifestazioni attenuate e decorso cronico; essa è causata dalla germinazione in sede intestinale di spore tetaniche ingerite con miele contaminato.
Diagnosi
L’accertamento diagnostico del tetano non viene abitualmente richiesto, stante che la sintomatologia clinica è in genere chiara e non presenta difficoltà diagnostiche.
Può essere utile per motivi medico-legali, quando si debba stabilire la porta di ingresso dell’infezione (tetano chirurgico, puerperale, neonatale).
Si esegue sul materiale prelevato in corrispondenza della ferita (pus, croste ecc.) mediante l’esame microscopico e la ricerca colturale seguita dalla prova biologica per la dimostrazione della tossina.
Epidemiologia
Il tetano è una malattia a carattere sporadico, diffusa in tutto il mondo, con maggiore frequenza nelle regioni tropicali e nei paesi in via di sviluppo, dove continua a far registrare una media annuale di un milione di morti.
In Italia, l’incidenza della malattia ha presentato una costante riduzione dopo il 1965-68 in concomitanza con i due momenti della vaccinazione obbligatoria.
I casi notificati, che erano più di 1.000 ogni anno prima dell’introduzione della vaccinazione obbligatoria, si sono ridotti ad una media di 100 l’anno nell’ultimo decennio del secolo scorso.
Più recentemente si sono ridotti a meno di 70 l’anno.
I casi residui sono dovuti al fatto che, a differenza di quanto avviene in altri paesi, alla vaccinazione di base spesso non seguono con regolarità quelle periodiche di richiamo, che assicurano una protezione immunitaria per tutta la vita.
A sostegno di ciò sta l’osservazione che nessun caso di tetano si ha nei bambini e negli adolescenti, mentre il 70% dei casi si ha oggi tra le persone non vaccinate di età superiore a 65 anni. Tra le varie forme di tetano, quella presente nei paesi sviluppati è il tetano post-traumatico, mentre nelle aree in via di sviluppo sono ancora frequenti il tetano neonatale, per le pratiche primitive di taglio del cordone ombelicale e di medicazione della ferita con materiali contaminati, ed il tetano post-parto e post-aborto.
La malattia è molto meno frequente di quanto ci si potrebbe attendere considerando la larga diffusione di spore tetaniche nell’ambiente; ciò dipende dalle particolari condizioni favorevoli richieste per la germinazione delle spore.
Prevenzione
L’immunizzazione attiva di tutta la popolazione ed il mantenimento dello stato immunitario con richiami vaccinali ogni 10 anni sono gli interventi più efficaci per ridurre a zero il rischio di tetano.
La notificazione è obbligatoria e serve in casi particolari (tetano chirurgico, neonatale, post-abortivo), per avviare l’inchiesta epidemiologica necessaria per individuare e rimuovere i fattori determinanti (es. autoclavi insufficienti, strumentario medico e chirurgico contaminato) e per fini medico-legali.
Non è necessario disporre l’isolamento del malato, giacchè il tetano non è una malattia contagiosa. E’ norma ovvia e inderogabile l’uso di strumentario e materiale sterili nella pratica medica e chirurgica. Lo strumentario ed il materiale di medicazione impiegato per il trattamento dell’eventuale lesione traumatica infetta devono essere sterilizzati in autoclave per evitare l’inoculazione di spore ad altri malati.
Attualmente la vaccinazione antitetanica è obbligatoria per :
- tutti i nuovi nati
- lavoratori esposti ai rischi dell’infezione tetanica (lavoratori agricoli, pastori, allevatori di bestiame, stallieri, fantini, conciatori, spazzini, operai e manovali addetti alla edilizia, operai e manovali delle ferrovie. Asfaltisti, straccivendoli, operai addetti alla manipolazione dei rifiuti solidi, metallurgici e metalmeccanici, operai addetti alla fabbricazione della carta e dei cartoni, lavoratori del legno, minatori)
- sportivi all’atto dell’affiliazione alle federazioni del CONI
Inoltre, la vaccinazione è consigliata alle gestanti tra il 5° e l’8° mese di gravidanza, per la prevenzione del tetano neonatale e puerperale, considerando che gli anticorpi antitossici attraversano la placenta e conferiscono immunità passiva al feto
Il vaccino antitetanico è costituito dalla anatossina (o tossoide), ottenuta trattando la tossina con lo 0,4% di formolo e lasciando la mescolanza a 38°C per 40 giorni; l’anatossina tetanica può essere adoperata fluida o adsorbita a idrossido o fosfato di alluminio; quest’ultima è da preferirsi per il più elevato potere immunogeno.
Lo schema vaccinale per gli adulti prevede una vaccinazione di base con una prima dose seguita da altre due dosi dopo 1-2 e 6-12 mesi di intervallo e vaccinazioni di richiamo con una sola dose ogni 10 anni.
La vaccinazione di base dei nuovi nati viene praticata con tre inoculazioni di anatossina tetanica combinata con gli altri vaccini dell’infanzia; attualmente è di uso comune il vaccino esavalente contro difterite, tetano, pertosse, poliomilelite, epatite B, Haemophilus influenzae di tipo b, che si somministra nel terzo mese di vita, al quarto-quinto mese ed all’undicesimo-dodicesimo mese.
Una dose di richiamo viene somministrata al quinto-sesto anno di vita, utilizzando un vaccino tetravalente DTPa-IPV in cui l’anatossina tetanica è combinata con l’anatossina difterica, i virus polio uccisi ed il vaccino antipertosse ad antigeni purificati.
Le rivaccinazioni, dopo la quarta dose all’inizio della scuola, vanno eseguite a periodi intervallati di 10 anni, mediante somministrazione di anatossina tetanica, eventualmente in combinazione con l’anatossina difterica.
La risposta anticorpale dopo la prima dose è piuttosto scarsa e compare solo in una parte dei vaccinati, ma con la seconda si manifesta quasi nel 100% dei soggetti e con titoli sufficienti a mantenere lo stato di protezione; la terza dose rafforza notevolmente le concentrazioni sieriche di antitossina, che possono rimanere sui livelli protettivi anche fino ad oltre 8-10 anni.
Le rivaccinazioni, che consentono di mantenere costante nel tempo il livello anticorpale protettivo raggiunto con le inoculazioni di base, sono di notevole importanza, data la diffusione nell’ambiente del bacillo tetanico ed il conseguente rischio di infezione e per il fatto che spesso il trattamento d’urgenza non viene attivato in caso di ferite lievi (che possono essere ugualmente pericolose).
Nei bambini le reazioni al vaccino antitetanico sono, come per l’anatossina difterica, del tutto trascurabili.
Profilassi immunitaria passiva: viene eseguita con le immunoglobuline (Ig) umane specifiche ed è indicata soprattutto nei soggetti non vaccinati, che presentino ferite contaminate o lesioni da puntura profonde
Le Ig iperimmuni si ottengono da soggetti vaccinati e vengono somministrate a dosi di 250-500 UI; esse determinano un livello protettivo di anticorpi circolanti della durata di 4-6 settimane, in genere sufficiente a coprire il periodo di incubazione della malattia
Non provocano reazioni di sensibilizzazione e, quindi, non richiedono il test preliminare di sensibilità
Non interferiscono con l’attività della anatossina inoculata in altra parte del corpo.
Pertanto, al soggetto traumatizzato e non vaccinato in precedenza va inoculata una dose di vaccino contemporaneamente alle Ig, seguita da una seconda dose dopo 6-8 settimane e da una terza dose dopo 6 mesi
Trattamento profilattico del traumatizzato : le ferite da taglio nette (a margini regolari e non contaminate da terra o da sporcizia), di regola non richiedono una profilassi antitetanica
I soggetti che presentano lesioni lacero-contuse, ferite a margini frastagliati, ferite profonde, specialmente se contaminate da terra e da corpi estranei con cui potrebbero essere penetrate spore tetaniche, devono essere immediatamente sottoposti a trattamenti antisettici ed immunitari, secondo il seguente schema :
1) Trattamento locale delle ferite, con pulizia accurata con soluzione fisiologica sterile (allontanamento di frustoli necrotici, coaguli di sangue, corpi estranei) ed eventuale disinfezione, preferibilmente con acqua ossigenata
2) Eventuale somministrazione di antibiotici per via generale e per almeno 5 giorni, per evitare fatti settici locali da batteri piogeni che creerebbero un ambiente anaerobio favorevole alla germinazione di eventuali spore
3) Profilassi specifica, che può essere eseguita con il vaccino da solo o associato con le Ig umane specifiche, secondo le norme seguenti :
Se il soggetto è stato sottoposto a vaccinazione di base ed a quelle successive :
- fino al 5° anno dopo l’ultima inoculazione, nessun trattamento
- dal 6° al 10° anno dopo l’ultima inoculazione, una dose di richiamo di vaccino
- oltre il 10° anno dall’ultima inoculazione, Ig iperimmuni più una dose di richiamo di vaccino
Se il soggetto non è stato vaccinato o lo è stato in modo incompleto o non si conosce lo stato di protezione, si interviene con le Ig e con un ciclo vaccinale completo.