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lunedì 30 agosto 2010


Ascesso epatico amebico

L´Entamoeba histolytica può essere isolata con discreta frequenza dall´intestino di pazienti provenienti dalle aree geografiche più disparate, ma particolarmente dalle regioni tropicali e subtropicali.
La massima incidenza è registrata infatti nelle aree economicamente depresse abitate in prevalenza da immigrati provenienti da regioni ad endemia amebica. In ogni caso l´incidenza e la gravità dell´infezione, che si trasmette per via orofecale, sono correlate in maniera diretta con la precarietà delle condizioni igieniche ed il superaffollamento urbano. Le epidemie di dissenteria amebica conseguono solitamente a contaminazione fecale dell´acqua potabile.
Eziopatogenesi: l´insorgenza dell´ascesso amebico è più frequente nella terza-quinta decade di vita. Per ragioni non ancora conosciute la patologia è più frequente nel sesso maschile, con un rapporto maschi: femmine di 10:1. L´infezione amebica avviene tramite l´ingestione di cisti amebiche. I trofozoiti, che rappresentano la forma attiva del parassita e che sono i responsabili delle lesioni tissutali, vengono liberati dalle cisti in corrispondenza del tenue distale e del grosso intestino, dove sopravvivono nutrendosi di batteri commensali e di metaboliti presenti nel contenuto intestinale.
I trofozoiti raggiungono il fegato attraverso il sangue portale, e solitamente vanno incontro a distruzione, non appena raggiunta la rete capillare epatica. L´occlusione trombotica indotta dalla presenza dei parassiti a livello delle più fini diramazioni portali porta a necrosi della parete vascolare e disseminazione intraepatica dei trofozoiti.
Gli enzimi litici e la probabile attività citolitica del parassita causano la colliquazione di piccole aree epatiche, dalla confluenza delle quali origina l´ascesso epatico vero e proprio.
Diagnosi clinica e strumentale: l´esordio clinico dell´ascesso amebico può essere drammatico oppure insidioso, con considerevoli differenze nella intensità e nella durata della sintomatologia.
I sintomi possono insorgere acutamente ed essere presenti da pochi giorni al momento della diagnosi, oppure persistere in maniera sfumata da qualche mese. Formulare il sospetto diagnostico può essere difficile: la ricerca di cisti amebiche e trofozoiti nelle feci può risultare positiva solo nel 15% dei soggetti con localizzazioni epatiche del parassita, rendendo difficile la diagnosi.
Il dolore in ipocondrio o epigastrio, la perdita di peso, la febbre e la compromissione delle condizioni generali sono le manifestazioni cliniche più frequenti. Il dolore, che può essere molto intenso ed è in genere esacerbato dalla palpazione dell´addome, è l´elemento più comune, ed è presente in oltre il 90% dei pazienti; è di tipo continuo, solitamente avvertito in ipocondrio destro, in caso di localizzazione al lobo di destra, o in epigastrio, se l´ascesso si localizza al lobo di sinistra.
Negli ascessi del lobo destro localizzati in prossimità della cupola epatica è frequente l´irradiazione all´arcata costale, alla spalla di destra ed alla regione laterale destra del collo.
La sintomatologia gastrointestinale, dominata da nausea e vomito, è presente nel 15% circa dei casi.
All´esame obiettivo dell´addome il fegato risulta incrementato di volume in oltre la metà dei casi. Talvolta alla palpazione si possono apprezzare in ipocondrio o in epigastrio masse solidali con il fegato.
La sopraelevazione e la ridotta mobilità dell´emidiaframma possono comportare una mancata espansione dei lobi polmonari inferiori, con evidenza all´esame obiettivo di ridotta escursione delle basi polmonari e di riduzione dei rumori respiratori fisiologici. L´ittero, poco frequente, compare praticamente solo in caso di compressione delle vie biliari da parte di una grossa massa ascessuale localizzata sulla superficie inferiore del fegato in corrispondenza dell´ilo epatico.
Una spiccata leucocitosi è presente nel 75% dei casi. Anemia ed ipoalbuminemia compaiono nel 50%. Iperbilirubinemia compare nel 10% dei pazienti con ascesso amebico, ma gli indici di funzionalità epatica appaiono alterati, seppure di poco, almeno nel 25% dei casi. Raramente si assiste ad un aumento significativo delle transaminasi.
I test sierologici per la ricerca di anticorpi contro l´Entamoeba histolytica, eseguiti con la metodica di emoagglutinazione indiretta, fissazione del complemento o gel-diffusione, risultano tutti marcatamente positivi (positività > 98%) in pazienti con ascesso amebico; qualora risultassero negativi, devono far escludere l´origine amebica dell´interessamento epatico. I test di intradermoreazione agli antigeni amebici non si sono rivelati validi dal punto di vista diagnostico.
Gli studi parassitologici finalizzati ad individuare l´Entamoeba histolytica nel pus ascessuale hanno scarso significato, in quanto i trofozoiti non risultano facilmente identificabili nel materiale aspirato dagli ascessi. Tuttavia l´aspirazione di materiale necrotico color cioccolato e privo di batteri, anche nel caso risulti impossibile identificare il parassita nel suo contesto, viene ritenuto sufficiente per la diagnosi di ascesso amebico.
L´esame ecografico e l´esame TC del fegato permettono in genere di rilevare accuratamente la presenza dell´ascesso che però spesso presenta caratteristiche indistinguibili da quelle di un ascesso da piogeni o di una metastasi colliquata; la positività di test sierologici e la rapida risposta alla terapia medica con metronidazolo confermeranno il sospetto diagnostico.
La scintigrafia con tecnezio o con gallio, pur consentendo di rilevare la presenza di lesioni intraparenchimali ipocaptanti, non è specifica per l´ascesso amebico.
In caso di sospetto diagnostico la ricerca del parassita nelle feci andrebbe eseguita più volte, dato l´elevato numero di falsi negativi, possibilmente dopo somministrazione di catartici salini.
Le complicanze dell´ascesso amebico sono frequentemente letali. Se non trattato l´ascesso continua ad estendersi concentricamente, in virtù della scarsa reazione circostante, fino a raggiungere la superficie del fegato ed a rompersi nella cavità peritoneale, oppure estendersi per contiguità agli organi vicini. Le complicanze più frequenti sono quelle pleuropolmonari, e conseguono alla rottura transdiaframmatica dell´ascesso all´interno del cavo pleurico o addirittura dell´albero bronchiale. La rottura dell´ascesso amebico nel peritoneo, che avviene più frequentemente nel caso di ascessi del lobo sinistro date le ridotte dimensioni di esso, si instaura di solito acutamente, con comparsa di addome acuto e shock.
Gli ascessi amebici cerebrali, singoli o multipli, insorgono in seguito alla diffusione ematogena del parassita a partire da un ascesso epatico. Si tratta di una complicanza gravata da altissima mortalità e priva di segni e sintomi distintivi. I segni di ipertensione endocranica o di lesioni neurologiche focali in un paziente con sospetta amebiasi devono far temere subito lo sviluppo di tale drammatica complicanza.
Terapia: Il trattamento dell´ascesso amebico verte sostanzialmente su tre principi:
• utilizzo di farmaci amebicidi in ogni caso di sospetto ascesso amebico prima di ricorrere a qualsiasi manovra invasiva;
• in caso si renda necessaria l´evacuazione dell´ascesso, il drenaggio "chiuso", tramite l´aspirazione del contenuto, rappresenta la procedura di elezione;
• il drenaggio "aperto" va riservato ai casi di superinfezione batterica dell´ascesso.

mercoledì 25 agosto 2010


Ascessi epatici da piogeni

Gli ascessi epatici insorgono generalmente in pazienti di età superiore ai 40 anni e con malattie che compromettono gravemente le condizioni generali. Si tratta di una patologia grave, con mortalità pari al 40%. Le raccolte ascessuali possono essere singole o multiple, e di diametro variabile da pochi millimetri a parecchi centimetri.
A livello epatico l´ascesso non insorge sempre come lesione primitiva, ma può essere la conseguenza di un´infezione di una cisti da echinococco, di ematomi intraepatici o di aree necrotiche all´interno di lesioni neoplastiche. Talvolta non è possibile identificare alcun fatto settico precedente l´insorgenza dell´ascesso, né riconoscere la modalità di contaminazione del fegato da parte dei piogeni; in questi casi l´ascesso epatico viene definito criptogenetico
L´insorgenza di ascessi epatici può correlarsi anche con un deficit del sistema immunitario, come dimostrato dalla maggior incidenza nei soggetti affetti da granulomatosi cronica, leucemia, diabete mellito, AIDS.
In passato la maggior parte degli ascessi epatici conseguiva all´embolizzazione epatica di piogeni provenienti con il sangue portale da focolai settici addominali. Attualmente il più comune meccanismo di infezione epatica da piogeni è rappresentato dalla colangite suppurativa associata all´ostruzione delle vie biliari indotta da neoplasie benigne o maligne.
I microrganismi più frequentemente isolati in caso di ascesso epatico sono: l´Escherichia coli (30%), gli streptococchi Gram+ (20%), lo Staphylococcus aureus (20%); infezioni polimicrobiche con presenza di anaerobi (Bacteroides) nei restanti casi.
La distribuzione maschi/femmine è all´incirca uguale. L´età di massima incidenza è attualmente rappresentata dalla VI-VII decade di vita.
I germi piogeni possono raggiungere il fegato con diversi meccanismi:
• per diffusione diretta da focolai settici contigui, come le linfoadeniti suppurative dell´ilo epatico, l´empiema pleurico destro, l´ascesso perirenale destro, ecc.;
• per via ascendente lungo le vie biliari, in corso di colangite suppurativa;
• per diffusione ematogena attraverso l´arteria epatica, in corso di endocardite batterica, ascessi polmonari, batteriemie e setticemie conseguenti alla presenza di altri focolai suppurativi;
• per diffusione con il sangue portale, in pazienti con appendicite acuta flemmonosa, colecistite acuta suppurativa, enterite regionale, peritoniti da perforazione gastrica o colica, diverticoliti acute;
• da contaminazione esterna per ferite penetranti del fegato o in conseguenza di traumi;
• per infezione del cordone ombelicale nel neonato.
L´ascesso da piogeni quando è unico si localizza preferenzialmente nel lobo epatico destro a livello del segmento postero-superiore (VII) in stretta vicinanza del diaframma. Il lobo sinistro è sede di ascessi solo nel 5% dei casi. Ascessi multipli sono presenti nel 40% dei casi.
Diagnosi clinica e strumentale: la sintomatologia caratteristica comprende febbre di tipo settico (remittente o continua), episodi di brivido scuotente, anoressia, dolore in ipocondrio destro irradiato alla spalla destra; vi è, spesso, grave compromissione delle condizioni generali. All´esame obiettivo è frequente a questo stadio il riscontro di aggravamento del dolore alla palpazione in ipocondrio destro con presenza di reazione di difesa della parete addominale, di epatomegalia e, talora, splenomegalia. La comparsa di un versamento pleurico e di segni clinici di colestasi e di insufficienza epatica possono precedere l´insorgenza della sintomatologia dolorosa.
Talvolta però la sintomatologia può risultare estremamente sfumata; in questi casi l´accurata raccolta dell´anamnesi può fornire utili indizi: una storia di recenti infezioni endoaddominali, di colangite, di traumi addominali, di malattie croniche debilitanti o neoplastiche può costituire un indice di sospetto.
L´ascesso epatico può essere all´origine di una febbre di origine sconosciuta.
Le indagini di laboratorio dimostrano la presenza di leucocitosi in 1/3 dei casi; l´assenza di leucocitosi, peraltro, non deve escludere la diagnosi di ascesso epatico. L´innalzamento dei valori delle transaminasi, delle gamma-GT e della fosfatasi alcalina, una ipoalbuminemia ed iperbilirubinemia sono talvolta presenti, soprattutto se la causa è data da un´ostruzione delle vie biliari.
Le emocolture eseguite per la ricerca di aerobi ed anaerobi possono fornire utili suggerimenti sia diagnostici sia terapeutici. Infatti, la natura del microrganismo responsabile e la sua sensibilità agli antibiotici sono informazioni indispensabili per l´impostazione di una corretta antibioticoterapia. Le emocolture devono essere eseguite in corrispondenza degli episodi batteriemici (brivido).
L´esame radiologico del torace può evidenziare atelettasia basale destra, sopraelevazione e ridotta mobilità dell´emidiaframma di destra, e l´eventuale presenza di versamento pleurico.
L´esame radiologico diretto dell´addome superiore può evidenziare una epatomegalia e, talvolta, la presenza di un´immagine di livello idroaereo nel contesto del parenchima epatico.
All´ecografia gli ascessi epatici appaiono come lesioni ipoecogene, di aspetto disomogeneo, dai margini irregolari e mal definiti, contenenti spesso numerose sepimentazioni. Talvolta può essere riscontrata la presenza di contenuto gassoso.
L´esame TC è utile per precisare la localizzazione e le dimensioni dell´ascesso e valutare la presenza di altre lesioni eventualmente associate.
La cavità ascessuale può essere facilmente evidenziata con la scintigrafia epatica eseguita con isotopi del gallio o del tecnezio. Anche l´impiego di leucociti autologhi marcati con indio, in grado di concentrarsi a livello dell´ascesso, non appare una metodica altamente sensibile, dato che il normale accumulo di tali cellule nel fegato può interferire con la visualizzazione delle aree ascessuali.
Le complicanze di un ascesso epatico sono legate alla possibilità di contrarre estese aderenze con organi contigui: gli ascessi localizzati sulla superficie superiore del fegato possono dare luogo ad estesi processi infiltrativi nel diaframma e nella pleura; gli ascessi della faccia inferiore del fegato possono aderire al colon ascendente o al rene destro; gli ascessi siti in profondità del parenchima possono provocare compressioni delle vie biliari. La fistolizzazione è evento peraltro raro. La complicanza più temibile è comunque lo scompenso emodinamico con evoluzione in shock settico.
Terapia: è rappresentata dal drenaggio chirurgico della raccolta colliquata e dall´antibioticoterapia eseguita sulla guida dell´antibiogramma. Nell´attesa dell´antibiogramma va istituita una terapia antibiotica ad ampio spettro contro aerobi ed anaerobi.

venerdì 20 agosto 2010


Appendicite cronica

L´appendicite cronica è una diagnosi essenzialmente anatomo-patologica ed è caratterizzata da lesioni sclero-atrofiche a distribuzione non uniforme, a differenza dell´involuzione senile dell´appendice, che presenta una fibrosi diffusa in modo omogeneo. All´origine di questo stato flogistico cronico vi sono verosimilmente episodi di appendicite acuta, regrediti spontaneamente o dopo terapia medica; il ripetersi di questi eventi infiammatori comporta la formazione di aree di retrazione cicatriziale, atrofia del viscere e aderenze con i visceri contigui, la parete addominale e l´omento. Tali modificazioni possono causare l´ostruzione del lume appendicolare ed il ristagno di materiale fecale, fattori favorenti l´infiammazione cronica e le riacutizzazioni.
In caso di occlusione completa del lume alla base dell´appendice, può formarsi il cosiddetto mucocele appendicolare, una dilatazione più o meno uniforme del verme appendicolare per l´accumulo di secrezione mucinosa.
La sintomatologia dell´appendicite cronica è caratterizzata da dolore postprandiale, in genere modesto, localizzato in fossa iliaca destra ed esacerbato dalla palpazione, con nausea, perdita dell´appetito, cefalea.
L´indicazione all´intervento chirurgico è molto discutibile e spesso è l´esito di pressioni da parte del paziente, nel tentativo di risolvere una fastidiosa storia di dolore addominale cronico. Proprio in questi casi è di grande aiuto la tecnica video-laparoscopica, in quanto la procedura chirurgica deve prevedere un´accurata esplorazione del cavo addominale alla ricerca di eventuali altre patologie.

domenica 15 agosto 2010


Appendicite acuta

Epidemiologia: l´appendicite acuta si manifesta a tutte le età con prevalenza nell´infanzia e nell´adolescenza, colpisce di più il sesso maschile ed ha un´incidenza annua dello 0,2%. Si calcola che, nel corso della vita, circa il 14% della popolazione si ammali di appendicite acuta.
Eziopatogenesi e storia naturale: è un´infezione di cui è responsabile una flora batterica polimorfa: un´appendice infiammata presenta sempre un incremento significativo degli anaerobi, che passano dal 25 al 60% dei batteri endoluminali. I germi più frequentemente isolati sono l´Escherichia coli, tra gli aerobi, ed i Bacteroides, tra gli anaerobi.
I germi raggiungono l´appendice solitamente per via enterogena e solo raramente per via ematogena, a partenza da un focolaio suppurativo a distanza (tonsillare, cutaneo), determinando l´infezione in presenza di fattori favorenti, quali l´ostruzione del lume dell´appendice.
L´ostruzione dell´orifizio appendicolare può essere dimostrata nella metà dei casi ed è usualmente dovuta a coproliti. In assenza di questi, frequentemente si riscontra un´iperplasia del tessuto linfoide mucoso e sottomucoso o un´angolatura del verme appendicolare. In una piccola percentuale di casi l´occlusione è causata da corpi estranei (noccioli ingeriti), da elminti, da neoplasie, da stenosi congenite.
L´ostruzione trasforma l´appendice in un diverticolo chiuso ed ostacola i fisiologici meccanismi di difesa: la peristalsi appendicolare, che svuota nel cieco le secrezioni e le cellule sfaldate, il rapido turnover epiteliale, la distruzione e la rimozione dei germi da parte dei follicoli linfatici. All´interno del lume si accumulano le secrezioni mucose ed il trasudato infiammatorio con conseguente aumento della pressione; si compromettono così progressivamente il drenaggio linfatico e la vascolarizzazione, fino all´ischemia della parete appendicolare. Compaiono edema ed erosioni a carico della mucosa; attraverso questa si diffondono i germi contenuti nel lume, che in questa fase si moltiplicano e si virulentano.
Nelle fasi successive l´edema si estende a tutta la parete dell´appendice con il peggioramento della stasi vascolare e la conseguente necrosi dei tessuti; il processo infettivo si può quindi propagare al cavo peritoneale. La perforazione del viscere, in sede di tessuto necrotico, è la complicanza più frequente dell´appendicite acuta e comporta la fuoriuscita del materiale purulento contenuto nel lume, solitamente non accompagnato da liquido enterico per l´ostruzione della base appendicolare.
La comparsa di un quadro di peritonite circoscritta o diffusa dipende dal tempo di propagazione transparietale del processo infettivo, che, quando avviene lentamente, permette la formazione di aderenze con la parete addominale, i visceri circostanti e l´omento, che circoscrivono la peritonite. L´ascesso appendicolare può poi evolvere a peritonite diffusa o può fistolizzarsi alla cute o ai visceri vicini.
Le complicanze più rare da appendicite acuta (l´occlusione intestinale, la sespi, l´ascesso epatico, la pileflebite) sono molto gravi, soprattutto perché colpiscono preferenzialmente bambini e anziani, pazienti più fragili e spesso non in grado di fornire adeguati dettagli anamnestici.
L´appendicite acuta è, con la colecistite e la diverticolite , la prima causa di ascesso epatico da piogeni e di trombosi settica della vena porta (pileflebite).
Quadro clinico
: l´appendicite acuta è caratterizzata da un quadro clinico variabile, in relazione ai diversi aspetti anatomo-patologici e con la posizione dell´appendice nel cavo peritoneale.
  • Inizialmente il paziente riferisce dolore epigastrico, che gradualmente si sposta alla regione periombelicale, e solo successivamente assume la tipica localizzazione in fossa iliaca destra. Tale caratteristica evoluzione dei sintomi è dovuta all´origine embriologica dell´appendice dall´intestino medio, struttura della linea mediana. Il dolore può essere in principio di tipo colico, per la risposta muscolare all´ostruzione del lume appendicolare, ma viene più comunemente descritto come costante, non modificato dal cambiamento di posizione del corpo, dalla minzione o dalla defecazione e, solo saltuariamente, irradiato ai quadranti centrali dell´addome, verso la regione lombare o verso l´arto inferiore omolaterale.
  • Il vomito è più comune nei pazienti giovani e non è mai un sintomo preminente, mentre quasi sempre sono riferite nausea e perdita dell´appetito.
  • L´alvo è tipicamente stitico, fino alla chiusura a feci e gas per paralisi ileale, non di rado, però, nei bambini si assiste a una diarrea iniziale da enterite, per la contiguità con il processo flogogistico.
  • Può essere presente iperpiressia, solitamente di grado modesto, con temperatura rettale che sale rapidamente fino a circa 38-38,5 °C e temperatura cutanea che non subisce rialzi significativi (dissociazione della temperatura interna-esterna).
La diagnosi differenziale va posta con la colica renale e risulta più complessa quando l´infiammazione appendicolare provoca anche disuria e modesta ematuria.
L´evoluzione clinica più frequente dell´appendicite acuta è la peritonite, che talora costituisce il quadro d´esordio o che, più frequentemente, si instaura per un ritardo diagnostico.
La peritonite diffusa da appendicite si presenta con i sintomi ed i segni classici, di solito più accentuati ai quadranti di destra. La diagnosi eziologica può risultare difficoltosa, ma non è comunque essenziale al fine terapeutico.
Diagnosi:La diagnosi di appendicite acuta è essenzialmente clinica, può avvalersi degli esami di laboratorio e, in alcuni casi dubbi, di esami radiologici complementari, ma l´esecuzione di questi non deve mai ritardare la diagnosi.
Esami di laboratorio. L´esame emocromocitometrico in un´appendicite acuta dimostra quasi sempre una leucocitosi a prevalenza neutrofila, che non risulta però correlata alla gravità del quadro anatomopatologico: non infrequenti sono infatti i casi di leucocitosi modesta associata a quadri clinici severi. Nei primi stadi della flogosi la conta leucocitaria può inoltre risultare nella norma, per subire un rialzo successivo; prelievi seriati possono quindi incrementare l´accuratezza del test. Altri indici infiammatori, come la proteina C-reattiva, sono stati studiati e messi in correlazione con l´appendicite acuta, ma sono risultati di bassa specificità.
In caso di discrepanza tra i dati clinici e gli esami di laboratorio, sono sempre i primi che devono indirizzare la diagnosi e la scelta terapeutica.
Allo scopo di porre diagnosi differenziale con altre comuni patologie, è consigliabile eseguire un esame delle urine alla ricerca di sangue o leucociti, indici di litiasi od infezione a carico delle vie urinarie. La misurazione degli enzimi epatici e del livello delle amilasi, nel caso di dolore riferito ai quadranti centroaddominali o in ipocondrio di destra, consente di indirizzarsi verso la patologia epato-biliare e pancreatica, anche se si è riscontrato che nel 3-10% dei casi di appendicite acuta è presente un rialzo dell´amilasemia. Se la paziente è una donna in età fertile, è inoltre necessario dosare la beta-HCG (gonadotropina corionica umana) per escludere una gravidanza ectopica o fisiologica in atto, prima di sottoporre la paziente ad esami radiologici o ad un´anestesia generale.
Esami radiologici
o Rx addome diretto : può risultare utile nella diagnosi differenziale con una perforazione viscerale (pneumoperitoneo) e con una colica renale (litiasi radiopaca in corrispondenza delle vie urinarie.
o Ecografia dell’addome: secondo alcuni studi è un esame che raggiunge una sensibilità dell´85% e una specificità superiore al 90%, ha come limite però la distensione ileale o una importante contrattura di difesa, che ostacolano la visione ecografica. L´appendice può risultare aumentata nel suo diametro (> 7 mm), non comprimibile e con pareti ispessite, si può riscontrare inoltre la presenza di versamento periappendicolare.
o Clisma opaco: è un esame poco utilizzato, che può dimostrare la mancata visualizzazione o l´incompleto riempimento del verme appendicolare, l´irregolarità del margine mediale del cieco o la dislocazione dell´ultima ansa ileale. Si ottiene un falso negativo nel 10% dei casi.
Terapia: l´appendicectomia, eseguita per via laparotomica o laparoscopica, è il solo trattamento indicato per l´appendicite acuta. Spesso il paziente necessita di un´adeguata reidratazione e ripristino dell´equilibrio elettrolitico, prima di essere sottoposto ad intervento.

martedì 10 agosto 2010


Sanguinamenti uterini anomali

Rappresentano uno dei più frequenti problemi ginecologici
Riconoscono questa motivazione
– il 15% delle visite ambulatoriali
– il 25% degli interventi ginecologici
Possono manifestarsi lungo tutto l'arco della vita riproduttiva della donna dalla pubertà alla menopausa, più frequentemente nei periodi in cui si verificano importanti trasformazioni a carico dell' asse ipotalamo-ipofisi-ovaio
– passaggio alla piena maturità sessuale (20% dei casi)
– climaterio (50% dei casi) quando cessa la funzione ciclica dell'ovaio
Il sanguinamento anomalo può manifestarsi in maniera varia
menorragia : eccessivo sanguinamento al momento della mestruazione
menometrorragia: un sanguinamento mestruale eccessivo e prolungato
metrorragie: sanguinamenti abbondanti e prolungati, che si ripetono ad intervalli irregolari
spotting: piccole perdite ematiche del tutto irregolari, che possono verificarsi in una qualunque fase del ciclo mestruale
Sono quasi sempre di natura
– Organica
– Disfunzionale
meno frequentemente
– Iatrogena
– Da patologie extra-genitali
Dal punto di vista clinico qualunque sia l'età della paziente, il primo problema da affrontare sarà quello di distinguere tra origine organica e disfunzionale del sanguinamento stesso.
Una causa specifica tuttavia viene individuata in poco più del 50% dei casi
CAUSE
DISFUNZIONALI
– anovulazione
– insufficienza del corpo luteo
– ipo- iper-estrogenismo
ORGANICHE
– Fibromi
– Polipi endometriali
– Tumori
– Traumi
IATROGENE
– Ormoni esogeni
– Anticoagulanti
– FANS, salicililati
MALATTIE SISTEMICHE
– alterazioni della coagulazione
– malattie epatiche
– alterazioni della tiroide
– malattie del sangue – leucemia
SU BASE DISFUNZIONALE
I sanguinamenti uterini non riconducibili ad una patologia organica si definiscono disfunzionali. La terapia medica rappresenta il trattamento d' elezione, quella chirurgica è indicata solo i casi specifici. Sono di solito associati a:
– anormale funzione ovarica
– assenza di ovulazione (90% circa dei casi)
– alterazione dei livelli degli estrogeni
– alterazione dei livelli del progesterone
– modificazione dei normali rapporti esistenti tra i due ormoni nelle varie fasi del ciclo
Nelle adolescenti i sanguinamenti disfunzionali si associano, per lo più, all'assenza di ovulazione. La fase follicolare del ciclo è prolungata, con una secrezione estrogenica maggiore rispetto a quella di un ciclo normale. L'endometrio, data la produzione continua aciclica di estrogeni conseguente alla mancata formazione del corpo luteo, con successiva mancata produzione di progesterone, va incontro ad una eccessiva crescita (iperplasia), non sostenuta da un adeguato sviluppo dello stroma, il che lo rende molto fragile ed instabile Negli anni che precedono la menopausa: prolungata stimolazione dell'endometrio da parte degli estrogeni la cui azione non viene contrastata dalla presenza di adeguate quantità di progesterone a causa del ripetersi di una condizione di anovularietà dovuta alla declinante capacità funzionale dell'ovaio. Quindi si ha:
• iperestrogenismo relativo
• l'endometrio presenta per lo più un aspetto proliferativo più o meno accentuato
• iperplasia ghiandolare semplice
• iperplasia ghiandolare cistica
• Iperplasia adenomatosa
Il sanguinamento segue di solito la caduta dei livelli estrogenici, che porta all'irregolare sfaldamento dell'endometrio ispessito. In un 10% delle pazienti i sanguinamenti disfunzionali si verificano in donne con cicli ovulatori, normali livelli di LH e FSH, estrogeni e progesterone ed endometrio di aspetto normale. In queste pazienti i sanguinamenti possono essere causati da
• fase luteinica breve
• mancata involuzione del corpo luteo
• anomalie funzionali locali endometriali, con alterazione a carico dei recettori degli estrogeni o del progesterone. L'alterazione recettoriale potrebbe a sua volta indurre un aumentato rilascio locale di prostaglandine F2alfa, con conseguente vasospasmo, ischemia, necrosi della mucosa e sanguinamento
SU BASE ORGANICA
In epoca adolescenziale
– Tumori ovarici ormono secernenti
Nelle donne tra i 20 ed i 50 anni
– miomi, specie se a sviluppo sottomucoso
– polipi endometriali
– l'adenomiosi diffusa
– carcinoma della portio
In peri post-menopausa
– Iperplasie endometriali
– carcinoma dell'endometrio
– carcinoma della portio
– Tumori ovarici ormono secernenti
DIAGNOSI
E' necessario innanzi tutto stabilire la natura organica o funzionale del sanguinamento anomalo. La diagnosi finale di sanguinamento disfunzionale è soltanto una diagnosi di esclusione
– Esame clinico generale
– Anamnesi
– Esame clinico ginecologico
– Ecografia
– Isteroscopia
Se questi accertamenti non mettono in evidenza l’esistenza di una patologia organica a carico degli organi genitali si può ragionevolmente porre l’ipotesi diagnostica di sanguinamento su base disfunzionale.
Nell'anamnesi particolare attenzione deve essere rivolta
• esclusione della gravidanza
• eventuale assunzione di sostanze o farmaci (contraccettivi orali), capaci di agire sull'endometrio
• utilizzazione di IUD
• presenza di malattie sistemiche capaci di alterare la coagulazione (il 20% delle adolescenti con un sanguinamento uterino anormale presenta un difetto della coagulazione)
• malattie endocrine distiroidismo
INDICAZIONI TERAPEUTICHE
Se il quadro metrorragico è acuto e imponente con conseguente riduzione dei livelli di ematocrito e/o di emoglobina si deve intervenire subito cercando di frenare il quadro emorragico.
• Trattamento ormonale
– estrogeni coniugati 20 mg ogni 4-6 ore
– estro-progestinici 2-4 cps/die
– Antifibrinolitici: acido tranxeamico 2-4 g/die
Se la menometrorragia non si arresta entro 24-48 ore, si esegue esame della cavità uterina ( raschiamento ). Superata la fase acuta, si instaura una terapia estro-progestinica di mantenimento (almeno 3 cicli)
Dove non si debba intervenire con i caratteri dell’urgenza:
– combinazioni estroprogestiniche.
• Estrogeni coniugati: 0.625 mg + Progestinico dal 16 al 24 giorno del ciclo
• Pillola ad alto dosaggio
– progestinici
• Dal 5° al 24° giorno del ciclo
• Dal 15° al 24° giorno del ciclo
– Gn Rh analogo
– Ablazione isteroscopica dell’endometrio
– Iud medicati al progesterone

giovedì 5 agosto 2010


Verruche volgari

Sono la forma più frequente di verruche (70%). La massima incidenza è nei bambini e nei giovani adulti.
Sono dovute per lo più a HPV 2.
Si localizzano sulla superficie dorsale o più raramente palmare delle mani e delle dita. Appaiono come papule rosee esofitiche a superficie verrucosa, da 1 mm a 1 cm, sino a confluire a formare ampie placche.
Nei bambini che si mordono le dita sono frequenti le verruche periungueali, dolorose; possono causare onicodistrofia.
Diagnosi: clinica. Diagnosi differenziale con mollusco contagioso, granuloma anulare perforante.
Terapia: la maggior parte regredisce da sola entro 2 anni.