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mercoledì 30 settembre 2009


Tromboflebiti

E' un termine che indica la trombosi e l'infiammazione delle vene. Le più importanti condizioni predisponenti sono:
- gravidanza
- neoplasie
- insufficienza cardiaca
- obesità
- postoperatorio
- immobilizzazione
- allettamento prolungato
- sindromi congenite con ipercoagulabilità.
Nei pazienti con tumori maligni (soprattutto adenocarcinoma del pancreas, colon e polmone), lo stato ipercoagulativo può essere manifestazione di una sindrome paraneoplastica. La trombosi venosa si manifesta in un distretto per poi scomparire e manifestarsi in un altro, prendendo il nome di tromboflebite migrante.
Altre sedi frequenti sono:
- plesso venoso periprostatico nel maschio
- vene pelviche nella femmina
- vene del cranio e seni durali in corso di meningiti, mastoiditi ed otiti.
Le trombosi degli arti inferiori sono inizialmente paucisintomatiche. Nei pazienti allettati possono, infatti, essere assenti le manifestazioni locali come edema distale alle vene ostruite, cianosi bruna, dilatazione delle vene superficiali, senso di tensione, arrossamento, rigonfiamento e dolore.
L'embolia polmonare è la complicanza più frequente e seria della trombosi venosa profonda e spesso ne rappresenta l'evento finale.

venerdì 25 settembre 2009


Vene varicose

Sono vene abnormemente dilatate e tortuose che si formano in conseguenza dell'aumento prolungato della pressione intraluminare e della perdita della funzionalità valvolare. Le più colpite sono le vene superficiali degli arti. Durante la stazione eretta, la pressione venosa degli arti inferiori aumenta sino a 10 volte la pressione normale, determinando, se prolungata, l'insorgenza di una marcata stasi venosa e la la comparsa di edema ai piedi, anche in soggetti con vene strutturalmente normali. A lungo termine, soggetti cinquantenni, obesi e donne pluripare sono a rischio.
Clinica: la dilatazione varicosa delle vene comporta l'incontinenza delle valvole venose determinando stasi venosa, congestione, edema, dolore e trombosi. Le conseguenze più evidenti sono le alterazioni trofiche della cute quali la dermatite da stasi, le ulcerazioni, la facile vulnerabilità alle ferite e la loro lenta guarigionee infine le infezioni che tendono a trasformarsi in ulcere varicose croniche. L'embolia è rara.

domenica 20 settembre 2009


Influenza

E' una malattia infettiva acuta caratterizzata dall'interessamento delle alte vie respiratorie da parte dei virus influenzali A-B-C. I virus influenzali appartengono al genere degli Orthomixovirus, virus RNA con nucleocapside mantellato. Nel mantello si trovano due glicoproteine:
- Emoagglutinina HA, in grado di legarsi all'acido sialico presente sulle cellule dell'epitelio delle vie respiratorie e sulle emazie e di promuoverne la penetrazione. Si conoscono 4 varianti: H0, H1, H2, H3.
- Neuroaminidasi NA, che scinde il legame con l'acido sialico e facilita il passaggio del virus da una cellula all'altra. Se ne conoscono due varianti: N1, N2.
I tre sierotipi A, B, C si distinguono per l'Ag RNP (ribonucleoproteico) ma possono variare per gli antigeni di superficie attraverso due meccanismi:
- Antigenic drift che avviene ogni 2-3 anni e comporta una variazione minima del virus tanto che gli anticorpi protettivi nei confronti della variante precedente assicurano una protezione parziale.
- Antigenic shift che avviene ogni 10-20 anni e comporta una variazione completa dei caratteri antigenici tanto che i vecchi anticorpi non sono efficaci contro questo nuovo virus.
La specie A presenta sia antigenic drift che shift ed è quindi associato a epidemie diffuse e pandemie; ne è un esempio la attuale influenza A/ H1N1.
La specie B presenta solo antigenic drift ed è associata ad epidemie sia locali che diffuse.
La specie C è associata a casi sporadici ed episodici epidemici minori.
Il serbatoio è costituito generalmente dall'uomo e la modalità di trasmissione è di tipo inalatorio.
Epidemiologia: ha una diffusione ubiquitaria. Gli uomini costituiscono l'unico serbatoio conosciuto dell'influenza di tipo B e C mentre l'influenza A può infettare sia uomini che animali. Si trasmette per via aerea tramite aerosol e goccioline provenienti dal tratto respiratorio di persone infette. Nei climi temperati il picco epidemico si ha tra dicembre e marzo, mentre nelle zone tropicali non c'è stagionalità. La massima contagiosità si ha da 1-2 giorni prima dell'inizio clinico a 4-5 giorni dopo. Non esiste lo stato di portatore.
Patogenesi: il virus attacca e penetra nell'epitelio tracheale e bronchiale dove inizia a replicarsi inducendo la distruzione delle cellule dell'ospite. Viene poi eliminato con le secrezioni respiratorie per 5-10 giorni.
Clinica: il periodo di incubazione è di 1-3 giorni. L'insorgenza è brusca con:
  • febbre elevata (38-39 gradi)
  • malessere generale
  • dolori articolari e muscolari
  • dolori ossei
  • epistassi
  • cefalea retrorbitaria
  • rinite
  • starnuti
  • mal di gola
  • raucedine
  • tosse secca
  • dolore urente retrosternale
talora
  • lacrimazione
  • bruciore oculare
  • fotofobia
  • dolore nel movimento degli occhi
  • nausea
  • vomito
  • anoressia
  • dolore addominale
  • diarrea
La durata della sintomatologia è di circa 3-5 giorni, poi la febbre scende e rimane un senso di prostrazione. La tosse stizzosa può permanere a lungo.
Si possono avere complicanze dovute a sovrinfezioni batteriche, come la polmonite, che si presenta raramente dopo 2-3 giorni di influenza. Il decorso è rapido. E' presente dolore toracico, tosse insistente, espettorato rosa- salmone, tachicardia dispnea e cianosi. Si può avere inoltre otite, sinusite (con possibile complicazione in meningite purulenta), bronchite e broncopolmonite. Sono particolarmente a rischio di forme gravi: cardiopatici, broncopneumopatici, anziani, donne in gravidanza e pazienti con patologie croniche epatiche o renali.
Diagnosi: si fonda generalmente su criteri epidemiologici, molto raramente attraverso l'isolamento del virus dalle secrezioni nasofaringee con colture cellulari.
Terapia: si fonda solitamente su sintomatici (paracetamolo su tutti) ma può essere indicato l'impiego di amantadina da iniziare entro 48 ore dall'insorgenza dei sintomi. Se il paziente sviluppa una polmonite batterica è necessaria una terapia antibiotica.
Attualmente vengono realizzati annualmente programmi vaccinali prima del verificarsi dell'epidemia influenzale. Il vaccino non previene necessariamente l'infezione ma ne riduce la gravità e le complicanze determinando immunità per 6 mesi. E' utile soprattutto nei soggettio a rischio di complicazioni.

venerdì 18 settembre 2009


Fenomeno di Raynaud

Si intende un pallore parossistico o una cianosi delle dita delle mani o dei piedi e più raramente della punta del naso o delle orecchie dovuti a vasocostrizione da freddo delle arterie digitali e alla attivazione di shunt artero-venosi cutanei. Caratteristicamente, le dita cambiano colore nella sequenza bianco- blu- rosso. Nelle pareti dei vasi colpiti non si riscontrano alterazioni strutturali se non negli stadi tardivi quando l'intima può andare incontro a ispessimento. Il decorso è solitamente benigno, ma nei casi cronici, si può presentare atrofia della cute e dei muscoli. Rare sono le ulcerazioni e le gangrene ischemiche.
Il fenomeno di Raynaud secondario si riferisce ad una insufficienza arteriosa delle estremità causata da diverse condizioni, quali il LES, la slerodermia, l'aterosclerosi,..
Gli elementi suggestivi di Raynaud secondario sono:
- età di insorgenza > 30 anni
- severità degli episodi
- lesioni cutanee
- elementi tipici dlle connettivopatie.

domenica 13 settembre 2009


Aneurismi

Sono così chiamate dilatazioni patologiche circoscritte a carico della parete di un vaso sanguigno o del cuore. Vengono distinte tre entità:
- L'aneurisma vero: delimitato dai componenti della parete vascolare o da una porzione della parete miocardica ormai assotigliata. Tra questi si ricordano gli aneurismi vascolari aterosclerotici, sifilitici, congeniti e l'aneurisma del ventricolo sinistro
- Il falso aneurisma è costituito da una breccia nella parete vascolare che determina la formazione di un ematoma extravascolare che comunica con la cavità luminale (ematoma pulsante). La forma più comune di falso aneurisma è la rottura postinfartuale della parete miocardica con intrappolamento dell'ematoma all'interno di una tasca formata dalla reazione aderenziale del pericardio
- La dissezione aortica insorge quando il flusso ematico penetra la parete dell'arteria, insinuandosi tra i suoi strati, con la conseguente formazione di un ematoma intramurale.
Le due principali cause della formazione di aneurismi aortici sono l'aterosclerosi e la necrosi cistica della tonaca media. Tuttavia ogni vaso può andare incontro ad un'ampia varietà di affezioni che indeboliscono la parete tra cui i traumi. Esistono anche aneurismi congeniti a bacca che sono dilatazioni sferiche di piccole dimensioni che si localizzano prevalentemente a livello del circolo di Willis (cervello). Le infezioni inoltre, possono essere causa di aneurismi micotici e sifilitici ma non sono neppure da dimenticare gli aneurismi insorti in seguito a vasculiti.
Queste dilatazioni possono essere classificate secondo l'aspetto macroscopico e le dimensioni in:
- aneurismi sacculari: sono sferici e interessano solo una porzione del vaso. Sono caratterizzati da un diametro compreso tra i 5 e 20 cm e spesso sono parzialmente o completamente riempiti da un trombo
- aneurismi fusiformi: interessano un lungo segmento e arrivano fino a 20 cm di diametro. In molti casi coinvolgono l'intero tratto dell'aorta ascendente e la porzione trasversa dell'arco aortico.

Aneurismi dell'aorta addominale (AAA)
Sono praticamente sempre aterosclerotici e generalmente sono posti distalmente alle arterie renali, al di sopra della biforcazione dell'aorta. L'aneurisma e la regione circostante spesso contiene ulcere ateromatose ricoperte da trombi murali sede di elezione per la formazione di emboli aterosclerotici che possono localizzarsi nei vasi renali o agli arti inferiori. Meritano una speciale menzione due varianti:
- Aneurismi infiammatori dell'aorta addominale: caratterizzati da una densa fibrosi periaortica con ricca reazione infiammatoria linfoplasmocitaria, abbondanti macrofagi e cellule giganti
- Aneurismi micotici dell'aorta addominale: sono aneurismi aterosclerotici che vengono infettati dalla deposizione di microrganismi circolanti nella parete vasale soprattuto durante la batteriemia che si sviluppa in corso di gastroenteriti da salmonella. In questi casi la suppurazione può provocare l'ulteriore distruzionedella tonaca media accelerando il processo di dilatazione.
In generale, tutti gli aneurismi dell'aorta addominale hanno patogenesi aterosclerotica e colpiscono più frequentemente i maschi di età superiore ai 50 anni. Esiste una predisposizione genetica, indipendente da quella dell'ipertensione, ma conglobante malattie genetiche del connettivo quali la sindrome di Marfan.
Recentemente l'attenzione si è posta sull'alterato equilibrio esistente tra sintesi e degradazione del collagene influenzato da un infiltrato locale di cellule infiammatorie e dagli enzimi proteolitici da questi prodotti e regolati.
Le conseguenze cliniche di un AAA possono essere le seguenti:
- rottura in cavità peritoneale o retroperitoneale con emorragia massiva potenzialmente fatale
- ostruzione di un vaso con danno ischemico
- partenza di emboli dall'eteroma o dai trombi murali
- compressione di strutture adiacenti (uretere, vertebra,..)
- tumefazione addominale pulsante.
Il rischio di rottura è direttamente correlato alla dimensione dell'aneurisma
  • <>
  • tra 4-5 cm: rischio annuo dell'1%
  • tra 5-6 cm: rischio annuo dell'11%
  • > 6 cm: rischio annuo del 25%
La maggior parte degli aneurismi si espande 0.2-0.3 cm/ anno. Il rischio di rottura è legato alla pressione come secondo legge di Laplace (tensione=raggio x pressione sul vaso). I grandi aneurismi sono trattati aggressivamente, la mortalità operatoria per aneurismi non rotti è di circa 5%, per gli aneurismi rotti è del 50%.
A causa del carattere sistemico della malattia aterosclerotica, i pazienti portatori di aneurismi dell'aorta addominale hanno inoltre alto rischio di ictus e di IMA.
Il trattamento è in continua evoluzione verso l'approccio endoluminale che prevede l'impianto di uno stent.

Aneurismi dell'aorta toracica
possono dare origine a segni e sintomi vari tra cui:
- compromissione di strutture mediastiniche
- difficoltà respiratoria per compressione del polmone
- difficoltà alla deglutizione a causa della compressione dell'esofago
- tosse persistente per la compressione sui nervi laringei ricorrenti
- dolore causato dall'erosione delle ossa
- disturbi cardiaci
- rottura dell'aneurisma
La maggior parte sono sifilitici. La maggior causa di morte è l'insufficienza cardiaca causata dall'insufficienza valvolare aortica.

martedì 8 settembre 2009


Arteriosclerosi

E' un termine generico per descrivere l'ispessimento e la perdita di elasticità della parete delle arterie. Si classifica come:
- aterosclerosi
- sclerosi calcifica della media di Monckeberg
- arteriolosclerosi: con variante ialina o con variante iperplastica, entrambe caratterizzate da un ispessimento delle pareti dei vasi con restringimento del lume e conseguente diatesi ischemica a valle.

Aterosclerosi
E' caratterizzata dalla presenza di lesioni intimali dette ateromi o placche ateromatose e/o fibroadipose che protrudono all'interno del lume vasale ostruendolo e indebolendo la tonaca media sottostante. E' al primo posto tra le cause di morte nel mondo occidentale ma soprattutto è causa di grave invalidità. Le lesioni intimali vengono divise in 6 tipi:
  1. tipo 1: macrofagi isolati con cellule schiumose
  2. tipo 2 (stria lipidica): accumulo di lipidi prevalentemente intracellulare
  3. tipo 3: oltre alla stria lipidica sono presenti lipidi extracellulari
  4. tipo 4 (ateroma): si forma nucleo cetrale di lipidi
  5. tipo 5: fibroateroma, costituito da un cappucio fibroso, un core centrale necrotico con sottostante tonaca media
  6. tipo 6: lesione complicata
Le strie lipidiche sono le lesioni più precoci dell'aterosclerosi. Sono composte da cellule schiumose infarcite di lipidi non rialzate sul piano intimale e pertanto non causanti alcuna alterazione del flusso sanguigno. Si presentano come macule giallastre multiple, piatte, di dimensioni minori di 1 mm di diametro che tendono a convergere in strie allungate lunghe 1 cm. le strie lipidiche sono presenti in alcuni bimbi di età inferiore ad 1 anno e in tutti gli adolescenti maggiori di 10 anni indipendentemente dal sesso, razza, localizzazione geografica, condizioni ambientali. Quelle coronariche iniziano a formarsi durante l'adolescenza nei punti suscettibili alla formazione di ateromi. La relazione tra stria lipidica e ateroma è complessa: lo sviluppo della stria lipidica è associato agli stessi fattori di rischio notoriamente associati all'aterosclerosi negli adulti, in particolare le concentrazioni sieriche delle lipoproteine, il colesterolo e il fumo. Sebbene le strie lipidiche possano essere precursori della placca, non tutte le strie lipidiche sono destinate a evolvere in placche fibrose o lesioni più avanzate.
Le placche aterosclerotiche si sviluppano soprattutto nelle arterie elastiche: aorta, carotidi, iliache e in arterie muscolari di grande e medio calibro (coronarie e poplitee). La malattia terosclerotica sintomatica interessa in genere le arterie che irrorano cuore (IMA), cervello (ictus), reni e arti inferiori (gangrena secca). L'aterosclerosi è inoltre responsabile, attraverso la riduzione acuta o cronica della perfusione arteriosa di: occlusione mesenterica, morte cardiaca improvvisa, cardiopatia ischemica cronica, encefalopatia ischemica. Nelle piccole arterie gli ateromi possono occludere il lume compromettendo il flusso ematico diretto agli organi periferici fino a determinare un danno ischemico. Le placche possono inoltre frammentarsi e determinare la formazione di trombi ed emboli. Nelle grosse arterie le placche insidiano la tonaca media sottostante e indeboliscono la parete dei vasi affetti favorendo così la formazione i aneurismi che possono rompersi.
Patogenesi: l'ipotesi della reazione al danno considera l'aterosclerosi come una risposta infiammatoria cronica della parete arteriosa scatenata da un danno cronico dell'endotelio. La progressione della lesione è sostenuta dalle continue interazioni tra lipoproteine modificate, macrofagi, linfociti T e normali costituenti cellulari della parete arteriosa.
Tappe:
- danno endoteliare cronico: spesso lieve con conseguente disfunzione endoteliare che porta a una maggiore permeabilità, adesività leucocitaria e potenziale trombogeno.
- disfunzione endoteliare: accumulo di lipoproteine in particolar modo di LDL con il loro elevato contenuto di colesterolo. Vengono inoltre messe in atto delle modificazioni delle LDL accumulate nella lesione attraverso un processo di ossidazione
- adesione dei monociti ematici all'endotelio: seguito dalla migrazione di questi nell'intima e conseguente trasformazione in macrofagi e cellule schiumose
- migrazione di cellule muscolari lisce: dalla madia all'intima con attivazione dei macrofagi che inghiottono i lipidi. Formazione della stria lipidica
- proliferazione delle cellule muscolari lisce: deposizione di collagene e matrice extracellulare. Composizione dell'ateroma fibro-adiposo
- aumento dell'accumulo di lipidi: sia intra che extracellulari.
Le lesioni complicate si differenziano in:
- rottura locale, ulcerazione ed erosione: può determinare l'esposizione a sostanze altamente trombogeniche che innescano la formazione di trombi o la liberazione di frammenti nel torrente circolatorio generando microemboli di colesterolo o ateroemboli
- piccole emorragie all'interno della placca specialmente nelle coronarie in seguito alla rottura del cappuccio fibroso sovrastante o di uno dei sottili capillari che vascolarizzano la placca. Ne risulta la formazione di un ematoma che può determinare un'espansione della placca o addirittura indurne la rottura
- trombosi: è la complicanza più temuta; si sovrappone a lesioni danneggiate e può determinare un'occlusione parziale o totale del lume.
I fattori di rischio principali implicati nella genesi della malattia sono:
  • età: maggiore 50 anni
  • sesso: maschile
  • fattori genetici e familiarità
  • iperlipidemia (aumento LDL, riduzione HDL, aumento dei trigliceridi)
  • ipertensione
  • fumo
  • diabete mellito
  • omocistinuria
  • sedentarietà
  • stile di vita competitivo e stressante
  • obesità
L'associazione di più fattori di rischio può avere effetto moltiplicativo: due fattori di rischio associati aumentano di 4 volte il rischio,... L'assenza di fattori di rischio tuttavia non dà immunità. Restano quindi di fondamentale importanza un attento monitoraggio e le manovre di prevenzione primaria e secondaria.

giovedì 3 settembre 2009


Diarrea e dissenteria

Un adulto sano assume circa 2l di liquidi al giorno, cui vanno aggiunti 1l di saliva, 2l di succhi gastrici, 1l di bile, 2l di succo pancreatico e 1l di secrezioni intestinali. L'intestino dunque riceve giornalmente 9 litri di liquidi, ma evacua meno di 200g di feci, costituite circa per il 70% da acqua.
Non è possibile definire precisamente il termine diarrea, data la notevole variabilità delle modalità fisiologiche di evacuazione. La maggior parte dei pazienti percepisce come diarrea un aumento della massa delle feci e/o della loro fluidità e/o della frequenza di evacuazione. Nei casi gravi si possono evacuare oltre 14l di liquidi al giorno (l'equivalente del volume ematico circolante).
La diarrea è spesso accompagnata da dolore, pressante impulso all'evacuazione, fastidio perianale e incontinenza. Una diarrea dolorosa ed emorragica con scarso volume di feci evacuate è detta dissenteria.
Le principali cause di diarrea sono:
  • diarrea secretoria: infettiva (mediata da enterotossine o per danno virale dell'epitelio mucoso), neoplastica, per abuso di lassativi.
  • diarrea osmotica: per deficit di lattasi, nella terapia con lattulosio, nella detersione intestinale per procedure diagnostiche, per l'uso di antiacidi, per malassorbimento primitivo degli acidi biliari
  • malattie essudative: infettive con danno dell'epitelio causato dai microrganismi, per malattia infiammatoria intestinale idiopatica, tiflite (colite neutropenica in soggetti immunocompromessi)
  • malassorbimento: deficit di digestione endoluminare, anomalie delle cellule mucose, riduzione della superficie del tenue, ostruzione linfatica
  • alterata motilità: con ridotto o aumentato tempo di transito intestinale
I principali meccanismi quindi sono:
- diarrea secretoria: secrezione intestinale netta di liquidi isotonica rispetto al plasma e che persiste durante il digiuno, che porta ad evacuare oltre 500 ml al giorno di feci liquide
- diarrea osmotica: eccessivo gradiente osmotico esercitato dai soluti endoluminari, che attira liquidi nel lume causando la produzione di oltre 500 ml di feci al dì e che si attenua con il digiuno
- patologie essudative: la distruzione della mucosa porta all'emissione di feci purulente e sanguinolente, che persiste a digiuno; le evacuazioni sono frequenti e il volume è variabile.
- disfunzioni della motilità: per improprio incoordinamento neuromuscolare dell'intestino può produrre molteplici modalità di aumento del volume delle feci.
- malassorbimento: cattivo assorbimento di sostanze nutritive da parte dell'intestino produce feci voluminose, con incremento dell'osmolarità combinato a un eccesso di grassi fecali. La diarrea di solito si riduce con il digiuno.

Terapia: bisogna anzitutto prevenire o controbilanciare la disidratazione. E' opportuno assumere bevande a temperatura ambiente; il paziente dovrebbe ricominciare ad alimentarsi non appena se la sente, magari con una dieta leggera (riso in bianco, patate bollite,..). La terapia farmacologica deve essere volta alla risoluzione della patologia sottostante. Esistono inoltre farmaci antidiarroci sintomatici che agiscono cioè, solo sul sintomo e non sulla malattia.